Competenze digitali ed età digitale: chi sa realmente usare Internet?

2 years ago 242

Internet ha ormai preso il sopravvento nella nostra quotidianità: in Italia esistono più di 80 milioni di smartphone, dato che segnala come chiunque abbia accesso alla rete al giorno d’oggi. Di pari passo, le reti stanno diventando sempre più veloci e affidabili, da un lato con l’arrivo del 5G, dall’altro con l’espansione della fibra ottica in tutto il paese.

Si deve segnalare però che il processo di sviluppo delle infrastrutture digitali va sicuramente più lento del previsto. Nel 2022 abbiamo solo una copertura del 8% per il 5G, mentre la fibra ottica raggiunge circa un terzo di tutte le famiglie italiane (a varie velocità però: solo il 28% viaggia a 100 Mbps e circa il 3,6% tocca quota 1 Gbps). Ma quando si parla di digitalizzazione bisogna citare anche le competenze digitali della popolazione: spesso sono queste a fare la differenza nell’uso quotidiano della rete.

Internet e il mondo digitali sono molto più profondi di quello che sembrano

Nella rete ci sono oltre un miliardo e mezzo di siti internet, con milioni di software e applicazioni disponibili per tutti i nostri dispositivi tech (dal computer allo smartphone). Eppure, moltissime persone al giorno d’oggi usano gli strumenti della rete in modo molto limitato rispetto alle loro reali potenzialità. Un grosso malus per il nostro paese, che si classifica al 25esimo posto (su 27) in Europa per le competenze digitali della propria cittadinanza.

Dati alla mano, solamente il 42% degli italiani fra i 16 e i 74 anni dispongono di competenze digitali sufficienti (conto una media EU del 56%). Chi invece può vantare competenze più avanzate è solo il 22%: un numero molto ristretto, che segnala proprio come la stragrande maggioranza della popolazione usi il web in maniera molto standard.

Esistono molti quiz per calcolare l’età digitale, ma per quanto riguarda le competenze la storia si fa più complessa. Non si tratta solamente di sapere come usare un computer, creare file e documenti, usare Internet per fare ricerche o leggere notizie, scaricare e installare programmi o app.

Per competenze si possono intendere sia vere e proprie competenze professionali (dei vari settori dell’informatica o di tutte le altre professioni che ruotano intorno al mondo del computer), sia il livello di abilità nel muoversi su Internet e nell’uso quotidiano del proprio dispositivo. Colpa anche delle imprese, che investono poco sulla formazione digitale (solo il 15% delle imprese italiane lo fa).

Ma colpa anche dei tempi: sappiamo bene come le nuove generazioni non tolgano mai gli occhi dai propri smartphone. Nonostante ciò, nella maggior parte dei casi le loro competenze digitali si rivelano essere molto limitate. Infatti, la quasi totalità del tempo viene passata su social, app di messaggistica istantanea, app di e-commerce (come Amazon) oppure giochi per passare il tempo.

Usare app di produttività come la suite di Office invece è un’abilità sempre più rara da trovare in un giovane. E anche la capacità di fare ricerche dettagliate su Internet diventa sempre più difficile: ci sono troppe fonti sul web e sempre in meno persone riescono a identificare fonti di qualità. E pochissimi si interessano a competenze più professionali nell’ambito informatico (il che giustifica il dato riguardante gli specialisti ICT in Italia: solo il 3,6%).

Quando mancano le competenze digitali, iniziano i problemi (quelli veri)

Sebbene i programmi siano sempre più aggiornati e con funzioni all’avanguardia, come i nuovi dispositivi dispongano di hardware sempre più prestante, gli utenti sono il tassello che rimane sempre più indietro sulla tabella di marcia del processo di innovazione digitale. La mancanza di competenze digitali espone infatti a grossi rischi quando si naviga in rete o si usa il computer.

Il primo fra tutti è l’incapacità di informarsi correttamente sul web (per qualsiasi motivo). Prendere una decisione può richiedere più ricerche, la lettura di siti e recensioni, il confronto fra e-commerce di vario tipo. E anche la capacità di giudicare le fonti che si stanno analizzando. Tutto ciò ha portato al fenomeno delle fake news, per esempio, nato proprio in questa nostra epoca tutta improntata sul digitale.

Non si tratta solo di semplice disinformazione: tramite internet e i social, si possono creare vere e proprie campagne di manipolazione delle intenzioni degli utenti (per scopi politici o economici). Anche se l’effetto più evidente, almeno dall’utente finale, rimane quello delle truffe e dei malware: secondo il rapporto del Clusit sulla sicurezza informatica, gli attacchi aumentano in Europa (qui ne avvengono un quinto del totale) e aumentano di intensità (nel 2021 il 79% degli attacchi andati a segno ha avuto un impatto elevato).

Così si fanno strada truffe, tentativi di phishing, data breach e furti di informazioni sensibili. Fenomeni che avvengono non solo ai danni dei singoli utenti, ma anche delle imprese o degli enti governativi. In fin dei conti, se non si investe in formazione digitale, si rischia di avere persone con mansioni cruciali che dispongono però di competenze digitali a malapena sufficienti, esponendo intere organizzazioni a questi problemi.

Di certo, le competenze digitali sono la strada da percorre: ormai quasi tutte le professioni lavorative richiedono di sapersi approcciare a strumenti digitali. Qui in Italia, circa 7 posti su 10 di lavoro richiedono una o più competenze digitali; ma considerato il nostro livello di alfabetizzazione digitale, ci ritroviamo in una situazione dove il 28% di questi profili professionali ricercati rimangono vacanti proprio per assenza di candidati oppure per mancanza di qualifiche.

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