Cyber e Spazio. L’intromissione di attori non statali nei nuovi domini

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Nonostante ne sia stata data una definizione e si stiano perfezionando sempre di più regolamentazioni e discipline di queste dimensioni, la loro natura immateriale rende complesso un controllo da parte degli Stati e facilita, invece, l’ingresso di nuovi attori non-statali.

La pianificazione delle operazioni e delle missioni militari condotte dai diversi Paesi per la difesa del proprio territorio si è sempre basata su domini operativi ben delimitati. Terra, acqua e aria sono i più antichi e i primi a essere definiti tali dalla NATO nel suo Concetto Strategico.
Solo negli ultimi, con l’avanzamento tecnologico che ha portato verso l’apertura di nuovi orizzonti e un conseguente allargamento dei confini da difendere, sono stati introdotti all’interno del concetto strategico due nuovi domini: cyber e spazio.

Nonostante ne sia stata data una definizione e si stiano perfezionando sempre di più regolamentazioni e discipline di queste dimensioni, la loro natura immateriale rende complesso un controllo da parte degli Stati e facilita, invece, l’ingresso di nuovi attori non-statali.

Spazio

Quando pensiamo allo spazio, sicuramente ci tornano in mente le diverse missioni come lo Sputnik I, il primo satellite a entrare nello spazio; la missione Apollo 11, che portò il primo uomo sulla luna; Voyager 1 e 2, Mars Pathfinder, il primo rover su Marte, la Stazione Spaziale Internazionale e molte altre. Mentre queste missioni venivano organizzate e pianificate dalle agenzie statali all’interno dei loro programmi spaziali, dopo mezzo secolo le cose sono cambiate e lo spazio è diventato un luogo che suscita l’interesse di diversi attori.

Il settore privato inizia a entrare in questo ambito per il suo aspetto altamente commerciale, si veda la Virgin Galactic di Richard Branson con la creazione di navicelle per viaggi spaziali turistici. Allo stesso modo, Jeff Bezos impegna le sue forze nello sviluppo di razzi riutilizzabili, imitando un altro attore il cui ruolo risulta sempre più importante nelle esplorazioni spaziali: Elon Musk. La sua SpaceX è stata protagonista in ormai diverse missioni verso la Stazione Spaziale Internazionale, oltre al lancio in orbita dei satelliti Starlink per creare una costellazione degli stessi, il cui scopo è quello di fornire un servizio di internet satellitare anche nelle aree più remote.

L’entrata in gioco di questi big era prevedibile e forse anche salutare per uno stimolo alla crescita ed all’innovazione. La domanda è, però, fino a che punto dovrebbero essere concesso loro di spingersi in queste missioni spaziali? Quando, invece, dovrebbero essere limitati dai governi per evitare una dominanza difficilmente recuperabile? L’amministrazione dello spazio è ancora fumosa e soprattutto ridotta e poco aggiornata. Ad esempio, mancano ancora regolamentazioni sullo “space mining” a cui già puntano molte compagnie private.  

Cyber

Se lo spazio risulta essere un luogo oscuro e inesplorato, il Cyberspazio forse lo è ancora di più. Sono passati circa cinquant’anni da quando i primi computer sono entrati nelle nostre case e da allora molto è cambiato, sia a livello hardware che software. Ma a cambiare non sono state solo le macchine e le loro componenti, esponenzialmente più potenti e performanti, bensì si è modificato anche il comportamento di chi utilizza questi strumenti e il fine ultimo degli stessi utilizzatori.

Negli anni si sono creati diversi movimenti nel mondo dell’informatica, alcuni che agiscono a fin di bene per migliorare i sistemi (white hat) e altri che agiscono per un tornaconto personale o con lo scopo di danneggiare terzi (black hat). Altre volte, invece, si è visto qualche movimento, ad esempio quello Cypherpunk, che lottava per la protezione della privacy individuale e la libertà di internet, attraverso la promozione di uno strumento: la crittografia, che prima degli anni ’70 venne considerata una munition e l’amministrazione Clinton ne rese illegale l’esportazione al di fuori degli USA. Chiaramente questo tentativo di repressione da parte del presidente si è tradotto in una lotta contro i mulini a vento, data la natura libera e senza confini del suo nemico.

A differenza dello spazio, però, diventa complesso identificare esattamente chi sono gli attori attivi su questo dominio e, soprattutto, capire il loro schieramento. Ormai il cyberspace è a tutti gli effetti un campo di battaglia per cui manca, anche in questo caso, una regolamentazione chiara e definita che permetta agli Stati un’adeguata preparazione nel difendere le proprie reti e operazioni da minacce cyber sempre più sofisticate.

L’intromissione di attori non-statali in contesti reali

In contesti come quello attuale della guerra in Ucraina si è vista l’intromissione di attori non-statali a supporto di entrambi i fronti. Elon Musk è intervenuto sin dagli inizi con i suoi satelliti per garantire il servizio internet in Ucraina, dopo che la sua rete satellitare venne messa fuori uso da un attacco hacker russo. Musk ha agito privatamente offrendo il servizio gratuitamente per sostenere la causa Ucraina, ma non è una situazione che può mantenere a lungo per i costi che dovrebbe sostenere, a meno di un subentro e di sovvenzioni da parte del Pentagono.

Nella cyberwar tra i due fronti si sono uniti gruppi di hacker che si sono schierati a supporto della Russia (Conti, CoomingProject) e altri a favore dell’Ucraina, il cui stesso ministro della difesa postò una chiamata alle armi, rivolta alla comunità hacker in difesa dagli attacchi nemici. Persino Anonymous, il famoso gruppo di hacktivisti, è intervenuto dichiarando guerra a Putin: attacchi alle TV russe, DDoS a siti governativi, esfiltrazione di dati da database di ministeri.

Questi attori hanno il vantaggio di potersi muovere liberamente in domini non ancora normati e controllati dai governi e allo stesso tempo è difficile definire se il loro intervento sia spontaneo o agiscono come proxy, ingaggiati da enti governativi. Soprattutto c’è da chiedersi se e come gli Stati riusciranno ad arginare le intromissioni di questi attori non-statali, la cui efficacia di intervento e legittimità di azioni e strumenti rimane dubbia, e vanno comprese le implicazioni dal punto di vista del diritto internazionale e della gestione del conflitto.

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