Ci sarebbe la Cina dietro il prolungato attacco informatico, tra il 2021 e il 2022, contro gli archivi della Commissione elettorale britannica. Accuse anche da Stati Uniti e Nuova Zelanda.
Sale a livelli esponenziali la tensione tra Londra e Pechino con la prima che accusa la Cina di essere dietro al cyberattacco alle elezioni britanniche – condotto a cominciare dall’agosto 2021 e, in principio, attribuito a non meglio precisati “attori ostili” – nei confronti degli archivi della Commissione elettorale britannica. Oggi il governo parla, senza usare mezze misure, di “sfida epocale” alla sicurezza nazionale e di “minaccia alla democrazia” d’oltre Manica.
Soprattutto, il segretario per gli Affari esteri, David Cameron ha convocato l’ambasciatore cinese a Londra per una sorta di reprimenda formale, e al contempo ha messo sotto sanzioni una società di copertura cinese e due cittadini cinesi membri del collettivo Apt31. C’è di più. Come spiega il Financial Times, anche gli Stati Uniti e la Nuova Zelanda accusano Pechino.
Cyberattacchi alla Commissione elettorale
Questi gli accadimenti: tra il 2021 e il 2022, i sistemi informatici della Commissione elettorale britannica venivano compromessi da un cyberattore che, nel caso specifico, era riuscito a mettere le mani sui dati personali di 40 milioni di elettori. L’allerta, dunque, è sempre stata altissima.
Poche ore fa il National Cyber Security Centre di Londra (che sta studiando anche il fenomeno dell’intelligenza artificiale al servizio dei cybercriminali) ha confermato che il collettivo – denominato APT31 (Advanced Persistent Threat Group 31) – ha condotto separatamente una massiva attività malevola contro parlamentari britannici quasi tutti “contrari” al governo di Pechino. Che non ci sta, e parla di “accuse del tutto inventate”, di “calunnie nocive” ed esorta le parti coinvolte “a cessare di divulgare false informazioni”.
Gli Stati Uniti accusano la Cina di cyberspionaggio
Non solo cyberattacchi alle elezioni britanniche. Gli Stati Uniti accusano infatti sette persone di nazionalità cinese di aver condotto una serie di azioni malevole nei confronti di Congresso, funzionari della Casa Bianca, candidati nonché società americane. In particolare, il Dipartimento di Giustizia e l’Fbi ritengono che alcune attività malevole, condotte dai sette cinesi, sono andate a segno compromettendo sia reti sia account email.
“Fino a quando la Cina proseguirà a puntare gli Stati Uniti e i nostri alleati, continueremo a inviare il suo un messaggio chiaro, ovvero che le azioni di cyberspionaggio non sono accettate e perseguiremo senza pause chi attenta alla nostra sicurezza”, ha garantito il direttore dell’Fbi, Christopher Wray. E se gli States accusano la Cina di aver compiuto un attacco informatico tramite Volt Typhoon, la Nuova Zelanda ha reso noto di aver collegato un gruppo cinese “supportato dallo Stato” a un cyberattacco ai servizi parlamentari registrato nel 2021.