Una sentenza della corte federale statunitense ha finalmente stabilito che le ricerche effettuate dall'FBI sui dati dei cittadini americani, raccolti ai sensi della Sezione 702 del Foreign Intelligence Surveillance Act (FISA), violano il Quarto Emendamento della Costituzione.
La decisione è stata resa pubblica di recente dal giudice LaShann DeArcy Hall, che ha segnato un punto di svolta importante: queste pratiche, conosciute come ricerche “backdoor”, sono state dichiarate irragionevoli e, di conseguenza, incostituzionali.
Prima di parlarne più nel dettaglio, conoscete la storia della 'finta' criptovaluta creata dall'FBI per beccare dei truffatori?
DI COSA SI TRATTA
Di cosa si tratta esattamente? La Sezione 702 di FISA consente alle agenzie di intelligence di raccogliere comunicazioni estere senza un mandato specifico, giustificandolo con motivi di sicurezza nazionale. Al netto di questo, tali raccolte di dati possono incidentalmente (o meno) coinvolgere cittadini statunitensi. È qui che nasce il problema: nel 2023, ad esempio, l'FBI ha condotto oltre 57.000 ricerche su cittadini americani, sebbene il numero sia diminuito rispetto al 2022.
La vicenda da cui trae origine questa sentenza riguarda Agron Hasbajrami, un residente permanente negli Stati Uniti accusato nel 2011 di voler unirsi ad un'organizzazione terroristica in Pakistan. Il governo, però, non rivelò che parte delle prove si basavano su email ottenute senza mandato tramite la Sezione 702.
Nel 2020, una corte d’appello aveva già espresso dubbi sulla costituzionalità di queste ricerche, ma ora il giudice Hall ha reso il verdetto definitivo: usare dati raccolti senza mandato non solo tradisce lo scopo originale della Sezione 702, ma compromette diritti fondamentali come quello alla privacy.
Cosa accadrà ora? La Sezione 702, rinnovata dal Congresso lo scorso anno, scadrà nel 2026. Organizzazioni come l’Electronic Frontier Foundation (EFF) spingono affinché vengano introdotte garanzie legislative per proteggere le comunicazioni private.
La sentenza dunque è sia una vittoria legale, sia un richiamo alla necessità di bilanciare sicurezza e libertà personali. È un invito a riflettere: quanta privacy siamo disposti a sacrificare per sentirci al sicuro?