Negli ultimi giorni si sta parlando molto di una ricerca scientifica, pubblicata verso la fine del 2024, secondo cui molti cinturini di smartwatch contengono una concentrazione potenzialmente dannosa di PFAS, una serie di sostanze chimiche (acronimo di PerFluorinated Alkylated Substances o in italiano sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche) che possono causare danni nel lungo termine agli organismi viventi, inclusi naturalmente gli esseri umani. È una sigla che sta sentendo molto chi si occupa di inquinamento, in particolare in Europa.
Il report dice di aver comprato 22 dispositivi, 13 dei quali dichiaravano la presenza PFAS; i test hanno rivelato che in 6 di questi il livello era trascurabile o basso, le altre sette erano a rischio. C’era anche un cinturino con elevati livelli di PFAS tra i nove che non dichiaravano queste sostanze.
La ricerca va presa con le doverose pinze per tutta una serie di ragioni:
- Non vengono citate marche e modelli degli smartwatch coinvolti.
- La ricerca non ha ancora ricevuto alcuna peer review, come si suol dire, quindi una revisione e valutazione da altri scienziati competenti. Un processo fondamentale per stabilire la qualità di una ricerca, che non è sempre elevata come si vorrebbe - qualche anno fa ci fu un po’ di panico relativo agli attrezzi da cucina in plastica nera perché qualcuno aveva sbagliato un calcolo matematico e il fenomeno di rilascio di sostanze chimiche era risultato amplificato di dieci volte, passando da trascurabile a potenzialmente pericoloso.
- Non ci sono molti dati di buona qualità, per ammissione stessa dei ricercatori, sugli effettivi rischi per la salute. I PFAS sono pericolosi se vengono ingeriti o inalati, ma non è chiaramente uno scenario particolarmente nel caso del cinturino di un orologio. Rimane l’ipotesi di assorbimento attraverso la pelle, chiaramente acuito dal lungo periodo di contatto (alcuni smartwatch economici non necessitano di ricarica per diversi giorni consecutivi) e dal sudore in caso di allenamento o semplicemente periodo molto caldo. Ma su questo fenomeno non si sa molto - nel lungo periodo dell’assorbimento è stato dimostrato in dei ratti, e in una sorta di modello equivalente alla pelle umana. I ricercatori concludono che servono studi più approfonditi a riguardo.
Per chi vuole stare proprio sicuro-sicuro, comunque, il materiale da evitare è nello specifico il fluoroelastomero. Nylon, silicone, metallo, cuoio/pelle e altri ancora non fanno ricorso ai PFAS. Detto questo, esistono anche cinturini in fluoroelastomero che, per dichiarazioni dei produttori, sono esenti da questo tipo di sostanze o ne usano in concentrazione inferiore ai limiti di sicurezza. Apple e Google per esempio hanno dato conferma in questo senso ad Android Central, mentre Samsung è rimasta più sul vago - in ultimo sembra che li stia ancora usando ma punti a eliminarli entro due o tre anni.