Saturday’s Talks: il nemico burnout è sempre in agguato, ecco perché molti maintainer di progetti open-source lasciano. Ragazzi, godetevi le ferie!

8 months ago 363

Ogni volta che si legge dell’abbandono di un progetto open-source da parte del suo storico maintainer la sensazione che va per la maggiore è sempre quella dell’amarezza. Anche nel caso in cui quel software (o quel gruppo di software) magari neanche lo si conosceva.

Amarezza perché in genere le cause dell’abbandono sono sempre due: burnout e poco riconoscimento (economico o morale che sia). Se per il secondo aspetto c’è poco da fare (o si trova qualcuno disposto a pagare o è chiaro che al massimo ci si può muovere a tempo perso), del primo tema, quello del burnout, ne abbiamo parlato alla fine dello scorso anno, sempre in un Saturday’s Talks, dal titolo Saturday’s Talks: allarme burnout! Per questo Natale fatevi un regalo, siate coraggiosi! e non è che i concetti espressi in quella circostanza siano poi troppo cambiati oggi.

Alice “psykose“, che attualmente è la più prolifica maintainer di pacchetti per Alpine Linux, ha deciso di fare un passo da parte, per dedicarsi ad altro. Come riporta Phoronix, questo era il grado di impegno immesso nel progetto da parte della maintainer:

Alpine package stats

Quindi stiamo parlando non solo di una posizione “importante”, quanto piuttosto di un caposaldo su cui effettivamente poggia l’intero progetto. Intervistata da Phoronix psykose ha affermato di voler, letteralmente, dormire per un anno.

Sintomo che forse il grado di stress che doveva sopportare era un tantino elevato.

Stessa storia quella raccontata da FOSS Force, in cui Darrick Wong, maintainer del file-system XFS da sei anni (e comunque coinvolto nel progetto da 12), ha annunciato la sua rinuncia a mantenere il ruolo, motivandolo con l’elevatissimo grado di stress e raccontando la sua esperienza:

I burned out years ago trying to juggle the roles senior developer, reviewer, tester, triager (crappily), release manager, and (at times) manager liaison. There’s enough work here in this one subsystem for a team of 20 FT, but instead we’re squeezed to half that. I thought if I could hold on just a bit longer I could help to maintain the focus on long term development to improve the experience for users. I was wrong.

Sono andato in burnout anni fa cercando di destreggiarmi tra i ruoli di sviluppatore senior, revisore, tester, triager (schifosamente), responsabile del rilascio e (a volte) collegamento con il manager. C’è abbastanza lavoro qui in questo sottosistema per una squadra di 20 FT (20 persone impiegate a tempo pieno, FT, Full Time), ma invece siamo ridotti alla metà. Ho pensato che se fossi riuscito a resistere ancora un po’ avrei potuto aiutare a mantenere l’attenzione sullo sviluppo a lungo termine per migliorare l’esperienza per gli utenti. Mi sbagliavo.

E la chiosa finale sulle motivazioni fa pensare a come questo debba suonare come un campanello dall’allarme per tutti i maintainer di progetti open-source complessi come XFS:

Nowadays, people working on XFS seem to spend most of their time on distro kernel backports and dealing with AI-generated corner case bug reports that aren’t user reports. Reviewing has become a nightmare of sifting through under-documented kernel code trying to decide if this new feature won’t break all the other features. Getting reviews is an unpleasant process of negotiating with demands for further cleanups, trying to figure out if a review comment is based in experience or unfamiliarity, and wondering if the silence means anything.

Al giorno d’oggi, le persone che lavorano su XFS sembrano trascorrere la maggior parte del loro tempo sui backport del kernel di distribuzione e si occupano di segnalazioni di bug di casi limite generate dall’intelligenza artificiale, che non sono segnalazioni degli utenti. La revisione è diventata un incubo, andando a setacciare il codice del kernel poco documentato e cercando di decidere se questa nuova funzionalità non interromperà tutte le altre funzionalità. Ottenere review è uno spiacevole processo di negoziazione con richieste di ulteriori pulizie, cercando di capire se un commento di una review si basa sull’esperienza o sulla non familiarità e chiedendosi se il silenzio significhi qualcosa.

Poco altro da aggiungere, se non il rinnovato allarme burnout, che capita nel periodo di tempo più delicato dell’anno, le ferie. Nell’articolo precedente chiudevo dicendo di farsi un regalo, cercando di essere coraggiosi e di imporre sul proprio stile di vita il cambiamento di cui c’è bisogno per non bruciarsi.

Va ricordato infatti, e mi scuseranno i grandi capi, come nessuno vi farà un monumento se anziché godervi il vostro meritato relax passerete la giornata davanti a un laptop facendo restart di servizi, pensando che siete indispensabili. Semplicemente sarete quelli che ci sono sempre e comunque, eppure di aziende fallite perché un restart non è stato eseguito non ne ho mai sentite, mentre di persone che dicono “non ce la faccio più” è pieno il mondo.

Quello non è lavoro, non è dignità, non è nemmeno umanità. Solo che nessuno ve lo dirà, tanto meno chi vi chiama mentre siete a godervi il riposo.

Soprattutto nessuno potrà essere felice al vostro posto, quindi… Buone ferie a tutti!

Da sempre appassionato del mondo open-source e di Linux nel 2009 ho fondato il portale Mia Mamma Usa Linux! per condividere articoli, notizie ed in generale tutto quello che riguarda il mondo del pinguino, con particolare attenzione alle tematiche di interoperabilità, HA e cloud.
E, sì, mia mamma usa Linux dal 2009.

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