Il passaggio da Samsung a TSMC per la produzione dei processori Tensor potrebbe costare caro a Google e, di conseguenza, agli acquirenti dei Pixel di prossima generazione. Il problema sono gli altissimi dazi - fino al 100% - promessi da Donald Trump sulle esportazioni di microchip da Taiwan verso gli Stati Uniti. Questione ripresa nuovamente nel corso della House Republican Issues Conference di Miami, in cui il neo presidente ha affermato:
Nel prossimo futuro applicheremo tariffe sulla produzione estera di chip per computer, semiconduttori e prodotti farmaceutici per riportare la produzione di questi beni essenziali negli Stati Uniti d'America. Ci hanno lasciato e sono andati a Taiwan.
E Google sarebbe in ottima compagnia: TSMC è la prima azienda produttrice di processori al mondo, a lei si affidano tra le altre anche Apple, MediaTek, Qualcomm e NVIDIA. Un problema, dunque, di enorme portata che rischia di ricadere pesantemente sul prezzo finale dei dispositivi di nuova generazione. Si stima che un processore incida per circa il 40% sul costo complessivo di uno smartphone, in questo modo se l'aumento venisse interamente riversato sul prezzo finale del prodotto uno smartphone da 500 dollari verrebbe venduto a 700 dollari.
NOTA: dati forniti da Android Police riportati esclusivamente a scopo esemplificativo per rimarcare l'importanza dell'aumento di prezzo a fronte di dazi al 100%.
Se le promesse di Trump si dovessero trasformare in realtà, si potrebbero ipotizzare alcune strade alternative:
- rivolgersi sempre più a produttori statunitensi con centri produttivi negli USA: Intel è tra queste, ma tecnologia e capacità produttiva non sono ancora all'altezza dell'offerta di TMSC
- sfruttare la struttura americana di TMSC: ad oggi ce n'è una sola, in Arizona, ma con una capacità di soli 240.000 wafer/anno. Le fabbriche a Taiwan superano 16 milioni di unità/anno. Sono in costruzione altri due impianti, ma non si arriverà mai alla capacità attuale del Paese asiatico
Secondo Intel la costruzione di un impianto per la produzione di semiconduttori richiede tra i tre e i quattro anni a fronte di un investimento di 10 miliardi di dollari e il lavoro di 7.000 persone. Numeri da capogiro che andrebbero addirittura moltiplicati decine di volte qualora si volesse raggiungere la stessa capacità produttiva attuale dell'impianto a Taiwan.
Così il Ministero dell'economia di Taiwan ha risposto alle parole del presidente Trump:
Taiwan e l'industria statunitense dei semiconduttori e di altre tecnologie sono altamente complementari tra loro, in particolare il modello di fonderia taiwanese progettato dagli Stati Uniti che crea un modello di business vantaggioso per le industrie di Taiwan e degli Stati Uniti.
Taiwan sottolinea i buoni rapporti che intercorrono tra i due Paesi, auspicando che "le industrie e gli interessi nazionali di Taiwan e degli Stati Uniti possano svilupparsi in modo reciprocamente vantaggioso di fronte alle sfide globali". Il Paese asiatico esporta ogni anno verso gli USA beni per 111,4 miliardi di dollari, per la maggior parte tecnologia e, soprattutto, semiconduttori.