Apple e Google, notifiche push come strumento di sorveglianza governativo

9 months ago 129

Apple e Google sono state obbligate da autorità straniere a fornire una tipologia di dato personale su cui finora non si era riflettuto molto: le notifiche generate dalle app. Se ne parla da ieri per via di una lettera aperta, scritta dal senatore Ron Wyden e indirizzata al Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, che include alcuni dettagli aggiuntivi sulla situazione. Per chiarire, è una prassi abbastanza consolidata che i governi cerchino in tutti i modi di accedere alle informazioni contenute nei nostri dispositivi elettronici (certe volte addirittura con toolbox da hacker, vedasi il caso Pegasus).

In genere le app elaborano i dati in modo indipendente rispetto ai sistemi operativi su cui vengono eseguite, ma le notifiche passano attraverso i server di Apple e Google, grazie ai quali possiamo godere della tecnologia “push” (la notifica viene mostrata al destinatario praticamente nello stesso momento in cui viene generata). Le informazioni contenute in questo tipo di media non sono necessariamente troppo personali, ma possono rivelare la propria posizione, con chi si è comunicato, a quali servizi si è abbonati o si usano regolarmente, e così via. Tutti piccoli tasselli che possono essere utili nell’ambito di un’indagine, per esempio.

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Per il momento le informazioni specifiche su chi abbia fatto queste richieste ad Apple e Google non sono note. La lettera di Wyden si limita a citare non meglio specificati “funzionari governativi esteri”. Dopodiché si entra nel regno delle indiscrezioni: Reuters, citando fonti bene informate vicine a Wyden, dice che sia governi stranieri sia ufficiali americani hanno chiesto nel corso degli anni metadati sulle notifiche push, ad esempio per associare dei messaggi anonimi a determinati account. La fonte ha aggiunto inoltre che le richieste provenivano/provengono principalmente da democrazie alleate degli Stati Uniti, ma non è scesa ulteriormente nel dettaglio. Non è chiaro da quanto tempo questa pratica vada avanti.

Le due società coinvolte non negano, anzi: Apple, più nello specifico, dice che non ha potuto rivelare questo tipo di richieste per ordine del governo USA stesso, ma che ora che sono di pubblico dominio le includerà nei suoi report periodici sulla trasparenza. Google, dal canto suo, dice che i suoi report sulla trasparenza parlano di questo tipo di richieste già da tempo.


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