Dal 2002 in Italia così come in altri paesi i cittadini hanno dovuto per forza di cose adattarsi o riadattarsi a tipologie di monete e banconote diverse da quelle che hanno contraddistinto le singole nazioni. In particolare i centesimi, non più utilizzati a partire dal secondo dopoguerra sono stati ripristinati sotto varie forme oggi molto comuni, e generalmente accettate, se si fa eccezione per i tagli minori da 1 e 2 cents. Ma anche la lira italiana ha avuto i propri centesimi, e magari rovistando in vecchi mobili e cassetti è possibile trovare una vecchia moneta da 20 centesimi che può valere parecchi soldi.
Come riconoscerla, e soprattutto quanto può valere al massimo?
Ecco il parere dell’esperto.
Vecchi 20 centesimi di valore: se li trovi sei ricco
Proprio i tagli dei centesimi hanno fatto parte della normalità dell’uso della lira, in particolare hanno corrisposto tagli comuni tra l’Ottocento ed il Novecento, in vari formati.
Essendo stata una valuta duttile, sono state parecchie le tipologie di emissioni da 20 centesimi, alcune molto rare e ricercate.
Fino alla fine dell’Ottocentto sotto il Regno d’Italia, sono state progettate e rese disponibili varie monete da 20 centesimi, alcune molto conosciute ancora oggi tra i collezionisti, altre meno. Indubbimente la variante nota come “Valore” a causa del valore nominale scritto il lettere e numeri su uno dei lati, è tra quelli più degni di attenzione: si tratta di un’emissione concepita inizialmente per essere coniata nel 1863, ed in numero minore, anche nel 1867.
Realizzate in argento queste sono riconoscibili dalla presenza del volto di profilo del re Vittorio Emanuele III mentre l’altro lato è come detto facile da riconoscere con la scritta “20 centesimi” con in basso un ramo di alloro, entrambi i lati hanno intorno un cerchio perlinato.
Sotto l’alloro è presente una lettera che indica la città di coniatura, la M sta per Milano in questo caso l’emissione vale tra i 5 ed i 300 euro, se c’è la T di Torino il valore è sensibilmente più alto. Esiste però una variante rarissima contraddistinta dalla T ed a fianco un BN “rovesciato”, in questo caso il valore sale vertiginosamente fino a 3000 euro per un pezzo in buone condizioni, fino a 17 mila euro come valutazione massima, se l’esemplare è in perfetto stato di conservazione.
Molto intressanti anche le monete da 20 centesimi del 1867, coniate esclusivamente a Torino in poco più di 800 mila esemplari, un pezzo in buono stato vale da 100 euro fino a una valutazione di quasi 1000 euro.