Cybersicurezza e AI al servizio del lavoro e delle imprese. Le proposte dal Festival dell’Innovability

1 day ago 96

TOF2025

In un Mondo in continua evoluzione, l’intelligenza artificiale (IA) e la cybersicurezza devono essere al servizio dell’impresa e del lavoro, tra sfide e opportunità. Non mancheranno le difficoltà, ma ragionando in termini sistemici sarà possibile creare tanto valore aggiunto, oltreché occupazione.

Il valore del cambiamento

Le sfide e le opportunità dell’intelligenza artificiale (AI) e della cybersicurezza saranno uno dei parametri per fare impresa e lavorare, verso il futuro.

Il tutto, sempre tenendo conto di quelle regole e regolamentazioni che – all’interno di un quadro filosofico politico e etico ben definito – possono rappresentare un ostacolo. La tecnologia è sempre più centrale, fermo restando i bisogni e le esigenze di carattere generale.

Per altro, nella misura in cui il contesto geopolitico internazionale è sempre più difficile da interpretare, le stesse catene del valore possono formarsi in regioni nuove. C’è un grande potenziale ma questo deve essere inquadrato alla luce della sensibilità etica che i diversi attori in campo possono valorizzare.

Digitalizzazione e IA, tra impresa e lavoro

Di tutti tutti questi temi si è parlato durante ‘Impatta Disrupt. Il Festival dell’Innovability‘, convegno in materia di sviluppo sostenibile, digitalizzazione e informatica. Nello specifico, nel corso del primo panel di giornata. Panel dal titolo ‘Il potenziale italiano tra Intelligenza Artificiale e Sicurezza Informatica‘, moderato da Lugi Garofalo, il Direttore di Key4biz.

Il potenziale italiano in materia, ancora tutto da sbloccare, deve supportare l’innovazione tecnologica, sempre in funzione dello sviluppo sostenibile. In linea con dei principi di carattere più generale, è nevralgico comprendere il ruolo e il valore delle tecnologie nella vita di tutti i giorni e nel lavoro. Questo comparto evidentemente cambierà e lì ci sarà il problema degli occupanti.

Ad aprire il dibattito è stato Mario Nobile, Direttore Generale dell’AgID. L’accento si è posto sul ‘Sistema Paese’ Italia, in relazione alle necessità del momento.

Queste le sue parole: “In termini di IA, a livello globale ci sono 60 Gigawatt (GW) di potenza installata nel data center. Tuttavia, per servire tutta la popolazione mondiale le stime rimarcano come servano tra i 300 e i 500 GW di potenza installata. Il piccolo problema, però, è che per un GW costa 45 mln di euro. Dunque, la traiettoria da rispettare e da assecondare è di base insostenibile da parte di uno Stato da solo o di una sola azienda“.

E ancora: “Il cambiamento però sta legittimando dei modelli più piccoli di centri che necessitano di minor potenza. Va assecondata questa tendenza, perché altrimenti sarà molto difficile assecondare queste stime. Bisogna poi sempre operare tenendo conto degli interessi di più elevato carattere, come salute e ambiente, capendo le priorità. Servono investimenti e risorse per quelle tecnologie che ci salvano la vita”.

Digitalizzazione ed efficienza

Da parte sua, Tiziano Treu, già Ministro del lavoro e della previdenza sociale dal 17 gennaio 1995 al 21 ottobre 1998, si è domandato quale direzione assumeranno le trasformazioni in atto.

E ancora: “Al netto dei catastrofismi, leggendo le analisi di OCSE e OIL bisognerebbe usare più cautela. Sappiamo per esempio che l’IA funziona ma non come o almeno non fino in fondo. Il digitale è un grande vettore che può trasformare il lavoro potenziandolo o sostituirlo, come accadrà per molti lavori industriali“.

Poi, ha aggiunto: “Le risorse non sono infinite e dunque lo sviluppo deve essere sinonimo di efficienza energetica. Non di sperpero di risorse. Al centro venga posta la manutenzione, sia per gli oggetti che per le persone (cure). Cambieranno anche i modelli di crescita e di consumo“.

Il vettore della cybersecurity

Tutto questo presupporrà tutta una serie di complesse problematiche. Inoltre, la tendenza sarà quella di esacerbare, potenzialmente, tutte le differenze culturali sul tema, tra le varie regioni.

Per Roberto Baldoni, Primo Direttore Generale Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN), “i lavori impattati con l’IA saranno quelli che fino ad oggi era impensabile toccare, come le libere professioni”.

Da qui: “Questo tema ha messo in luce delle problematiche etiche molti rilevanti su cui bisogna preparasi. In primo luogo, comprendendo la trasformazione in atto e interagendo sempre di più con l’IA. Anche perché i problemi epocali del presente, da solo l’uomo non può risolverli. L’IA, però, darà un aiuto, perché le sue interconnessioni, l’umano da solo non può farle“.

E sui rischi: “Gli attacchi cyber ci preoccupano. I problemi che abbiamo di fronte è che non conosciamo come funziona questa tecnologia, che ci può sorprendere. Il tutto, a fonte della sempre maggiore autonomia dell’IA, con linguaggi che potremmo persino arrivare a non comprendere”.

Il vettore culturale

Alessandro De Florentiis, Responsabile Partnership strategiche Fondazione AI4Industry, il tema del dibattito è prima di tutto culturale.

In questi termini: “Negli USA prima si sperimenta e si sbaglia e poi si regolamenta. Dal 2012 hanno investito 200 mld di dollari, con enormi ritorni. I cinesi hanno accettato la sfida e hanno dichiarato di voler diventare vertice dell’IA entro il 2030 con un ecosistema fondato dai legami tra Stato, aziende private e università“.

In Italia e Europa, invece, “si sono poste delle basi etiche. Lecito certo, in nome della nostra cultura, ma col rischio che siano un ostacolo“.

Le doverose garanzie

Simone Barison, fondatore di CyberSA, ha spiegato: “Dopo 25 anni nella cybersecurity mi sono reso conto che il problema è stato aver complicato il linguaggio, oltreché la regolamentazione dell’IA. Chi fa azienda deve essere messo di fronte a dei concetti semplificati, visto che le aziende devono in primis concentrarsi sui loro affari. Servono meno regole complicate“.

E al contrario, “si deve implementare la competenza e la conoscenza dal basso. Su tali presupposti, si andrà a programmare sul lungo termine, a 25 o 30 anni. A partire dai percorsi di studi in materia che indirizzino verso il lavoro del futuro. Lo stato e il Governo si impegnino per aumentare la consapevolezza culturale sulla cybersecurity“.

La chiusura di Nobile

A chiudere, di nuovo, Nobile, che ha scorporato la catena del valore, fatta di uno strato basso abilitante – al 60% – le infrastrutture e componenti – il 20% – e un 20% fatto dalle applicazioni (strato alto).

Le aziende oggi puntano soprattutto sullo strato applicativo, sfruttando lì l’intelligenza artificiale e valutando anche il sentore collettivo sulle reti sociali. Così si può mirare la vendita di prodotti e servizi. Questi strumenti sono per questo fondamentali. Da qui, “il mercato degli abilitanti è nevralgico, per cui l’etica non può fungere da barriera per coloro i quali vogliono studiare e imparare, verso il futuro“.

In materia, Nobile ha sottolineato tre punti fondamentali:

  • Le regole non vanno eliminate. Bensì servono dei meccanismi di tagliando. Pur non rinunciando ai valori europei si deve capire come le regolazioni facciano capire e intervenire.
  • Soldi pubblici e risparmio privato. Il flusso degli investimenti privati annuali è stato di 400 mld di euro (dati Bankitalia dicembre 2024). Biasogna per questo garantire il capitale, affinché gli investimenti privati restino qua.
  • Serve implementare un meccanismo di detassazione per le piccole e medie imprese (PMI) e per il settore pubblico. L’ottica è scontare dall’imponibile i costi in prodotti e servizi e nella formazione.
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