Google ha rimosso un’app chiamata Downloader dal Play Store per Android/Google TV, citando violazioni di copyright (più nello specifico il DMCA, Digital Millennium Copyright Act) denunciate da diverse compagnie televisive. Il problema è che... L’app è di fatto un browser Web con un download manager integrato e con interfaccia ottimizzata per televisori.
Il grosso dell’offesa sembra provenire da una serie di emittenti televisive israeliane, che denunciano il fatto che Downloader permette di accedere a un sito locale, chiamato Sdarot, che offre in streaming contenuti pirata. Ma è, appunto, un sito: qualsiasi altro browser internet, a prescindere dal tipo di dispositivo su cui è installato, può fare esattamente la stessa cosa. Parlando con i colleghi di Ars Technica, lo sviluppatore Elias Saba osserva:
L’unica ragione [per la segnalazione DMCA] è che l’app è in grado di caricare un sito web. La mia app è un’utility che combina un basilare browser web e un basilare file manager. Non c’è modo di visualizzare contenuti nell’app se non usando il browser web e dirigendosi su un sito web. Non ci sono nemmeno collegamenti preconfigurati a certi siti web a parte il mio blog personale, che è impostato come pagina predefinita.
I need your help! My Downloader app has been wrongly removed from @GooglePlay Store due to an absurd DMCA takedown from Israel TV @yescoil that claims because the web browser in the app can load a specific website with their infringed content that my app is violating copyright.
— AFTVnews (@AFTVnews) May 19, 2023Insomma, l’argomentazione dello sviluppatore è che se la sua app va rimossa allora bisogna eliminare anche tutti gli altri browser web, incluso Chrome sviluppato da Google stessa; è giusto osservare che tecnicamente Chrome non viene offerto su Android TV (più in generale per default non c’è nessun browser), ma, come dicevamo, può facilmente diventare un problema che esula da formato e classe di dispositivo. Sdarot è accessibile da qualsiasi browser anche su smartphone Android e PC Windows, in altre parole.
Prevedibilmente, lo sviluppatore si è poi scontrato con il famoso “muro di gomma” del servizio di assistenza di Google: ha fatto ricorso contro la decisione e ha ricevuto una seconda sconfitta “nel giro di qualche minuto”. È piuttosto facile immaginare di cosa si tratti: un sistema automatico in cui nessun umano ha preso direttamente parte. Le risposte ricevute da Google sono molto generiche e non lasciano intendere che esista la possibilità di analizzare ulteriormente il caso.
Elias Saba ha quindi deciso di rivolgersi alla stampa nella speranza che una maggior visibilità del problema convinca Google a riesaminare la questione in modo più diligente e preciso - magari, molto semplicemente, con il contributo di un dipendente umano. Ma a prescindere dall’esito di questo caso specifico (ancora non ci sono sviluppi), si evidenzia ancora una volta che il sistema di assistenza messo in piedi da Google funziona male, non appena si esce un po’ dai “binari” di competenza dei sistemi automatici.