Google ha creato un monopolio nel mercato della pubblicità online. Così si è espresso il Dipartimento di Giustizia americano (DoJ) nel documento finale consegnato al giudice Leonie Brinkema della corte distrettuale degli Stati Uniti nell'ambito della causa che la vede accusata di violazione delle leggi antitrust intentata dallo stesso DoJ e da otto stati americani.
L'avvocato del DoJ Aaron Teitelbaum ritiene che la società di Mountain View abbia abusato del controllo della sua tecnologia pubblicitaria e di aver violato le leggi antitrust (anche tramite l'acquisizione della società DoubleClick) creando un sistema tale da rendere impossibile per editori e inserzionisti utilizzare altre piattaforme pubblicitarie. "Google è una, due, tre volte monopolista", ha commentato. L'avvocato di Google Karen Dunn ha affermato invece che ad oggi non sono ancora state fornite le prove che dimostrino la violazione delle leggi antitrust: "La condotta di Google è una storia di innovazione in risposta alla concorrenza".
Il possibile scorporo della tecnologia pubblicitaria proprietaria infliggerebbe un colpo terribile a Google, che solo lo scorso anno con questa attività ha registrato un fatturato di 31 miliardi di dollari (un decimo del fatturato totale). L'unità di tecnologia costituisce tuttavia solo una parte del business pubblicitario della società californiana, comprendendovi anche gli annunci di ricerca, la pubblicità su YouTube e le promozioni a pagamento su Maps.
Google è stata accusata lo scorso settembre di esercitare un controllo eccessivo sul processo di compravendita degli spazi pubblicitari, detenendo il 90% degli strumenti necessari ovvero Google Ad Manager, AdX e una rete pubblicitaria per gli inserzionisti. Il giudice Brinkema ha ascoltato in queste settimane diversi testimoni, inclusi top manager di Google e alcuni editori (tra cui News Corp. che ha affermato di essere stata tenuta in ostaggio da Google perché se avesse rinunciato alla piattaforma di Mountain View avrebbe perso 9 milioni di dollari nel 2017). L'avvocato del Dipartimento di Giustizia ha ribadito che la società agisce sul mercato come un predatore, legando insieme le sue tecnologie per arricchirsi a spese delle aziende costrette ad utilizzarle.
La sentenza è attesa nei prossimi mesi.
CLASS ACTION IN UK CONTRO GOOGLE
Evidentemente non bastano la causa sui motori di ricerca e quella sulle inserzioni pubblicitarie, perché nel Regno Unito Google dovrà affrontare una class action da 7 miliardi di sterline (8,4 miliardi di euro) che la accusa di monopolio nel campo della ricerca online.
La class action è stata presentata dall'attivista per i diritti dei consumatori Nikki Stopford "per conto di decine di milioni di consumatori del Regno Unito". Google viene accusata di "sfruttare la sua posizione dominante nel mercato della ricerca per aumentare i costi pubblicitari, che alla fine sono stati trasferiti ai consumatori". In particolare:
Google ha sfruttato la sua posizione dominante nel mercato dei motori di ricerca del Regno Unito per imporre prezzi eccessivi agli inserzionisti, tali costi sono stati poi trasferiti direttamente ai consumatori
Google ha costretto i produttori di telefoni cellulari a preinstallare le app Google Search e Google Chrome sui dispositivi che utilizzavano il sistema operativo Android di Google
Google ha pagato miliardi ad Apple per garantire che Google fosse il motore di ricerca predefinito su tutti i dispositivi, come l'iPhone, che utilizzavano il sistema operativo iOS di Apple
Questo il commento dell'attivista Nikki Stopford, rappresentante della class action:
Questo via libera del tribunale è una vittoria significativa per i consumatori del Regno Unito. Quasi tutti usano Google come motore di ricerca di riferimento, confidando che fornisca risultati di qualità a costo zero. Ma il suo servizio non è veramente gratuito perché il suo predominio ha comportato un aumento dei costi per i consumatori. Google è stata ripetutamente avvertita dagli enti di regolamentazione della concorrenza. Eppure continua a manipolare il mercato per far pagare di più agli inserzionisti, il che aumenta i prezzi che fanno pagare ai consumatori. Questa azione cerca di promuovere una concorrenza più sana nei mercati digitali e di ritenere Google responsabile e garantire che i consumatori siano risarciti per il danno causato dalla sua condotta.