La saga dello sblocco con il volto sugli smartphone Pixel continua: i colleghi di 9to5google hanno scoperto che internamente lo sviluppo è ancora in corso, e questo punto viene da pensare a un lancio in concomitanza con i Pixel 7, e nel frattempo sono emersi alcuni retroscena in relazione ai Pixel 6.
Ma prima di continuare è opportuno fare un passo indietro e ricostruire le tappe principali della vicenda fin qui. La funzionalità è comparsa l'ultima volta nei Pixel 4 e Pixel 4 XL, che disponevano di hardware specializzato (tra cui il radar Soli). Qualche mese prima dell'uscita dei Pixel 6 era trapelato materiale marketing non definitivo che la citava espressamente. Sempre tramite indiscrezioni, è emerso che è stata rimossa quasi a ridosso del lancio dei dispositivi (e che era prevista solo per Pixel 6 Pro). Nel corso dei mesi successivi sono emersi diversi indizi che lasciavano pensare che Google stesse continuando a lavorarci, e si pensava a un debutto in occasione della QPR3 di Android 12, ma così non è stato.
PERCH SOLO SU PIXEL 6 PRO E NON SU PIXEL 6
È importante prima fare una precisazione: la funzionalità è molto attesa perché Google sta puntando a un algoritmo che funziona senza bisogno di sensori e ottiche dedicati. Come sappiamo molti produttori di smartphone Android offrono lo sblocco con il volto semplicemente basandosi sulla fotocamera frontale, ma con risultati ben lontani da quelli che garantiscono soluzioni con hardware dedicato - vedi per esempio il Face ID di Apple. È lecito aspettarsi che Google voglia invece portare sul mercato qualcosa di più rifinito e preciso, in grado di competere con i migliori del settore.
Tenendo ben presente quanto spiegato qui sopra, è possibile che la ragione dell'esclusività (pianificata, per lo meno) per Pixel 6 Pro vada ricercata nel sensore della fotocamera anteriore stesso. Sul 6 Pro c'è un Sony IMX663, mentre sul 6 si trova un IMX355 sempre di Sony. Non è il caso di concentrarsi troppo sulla differenza tra le due sigle, perché Sony ha un approccio un po' erratico nella nomenclatura dei propri sensori, ma di sicuro l'IMX663 ha un vantaggio chiave sull'altro: il supporto alla tecnologia DPAF, ovvero Dual-Pixel Auto-Focus (da non confondersi con PDAF, Phase-Detection Auto-Focus).
Fin dal Pixel 2, il DPAF è usato da Google per creare mappe di profondità per la modalità ritratto. E proprio la mappa di profondità (semplificando: 3D) è un elemento chiave per una ricostruzione attendibile, precisa e soprattutto sicura del volto. Google peraltro possiede un sofisticato algoritmo che ricava la profondità degli oggetti semplicemente osservandone il movimento (anche qui, basta un semplice sensore RGB). Ingrediente finale della ricetta è naturalmente il machine learning che permette di rifinire il tutto, soprattutto nei chip Tensor che tanto puntano sull'AI.
MA LO SVILUPPO CONTINUA
Recenti scoperte nel codice sorgente di Android indicano che Google comunque non si sia arresa, nonostante finora il rilascio non sia avvenuto (si citano ancora problemi di affidabilità e consumo energetico). Nello specifico, Google avrebbe previsto un boost nella potenza della CPU per un secondo al fine di velocizzare l'elaborazione. Anche se, ribadiamo, per ora non serve a niente, questa modifica è già stata distribuita ai Pixel con le patch di sicurezza di giugno.
Come dicevamo, gli occhi ormai sono puntati sui Pixel 7 (soprattutto il modello Pro, a questo punto) che saranno lanciati quest'autunno. Però rimane la domanda: che succederà a Pixel 6 Pro? Riuscirà Google a portare la funzionalità sul flagship di precedente generazione, o in ultimo si giungerà alla conclusione che il suo hardware semplicemente non è all'altezza?
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(aggiornamento del 01 luglio 2022, ore 12:12)