Saturday’s Talks: l’open-source è come il sesso adolescenziale. Tutti dicono di farlo, ma pochi hanno chiaro cosa sia davvero

5 months ago 208

Sì, forse il titolo dell’articolo fa molto click bait, ma il parallelo – speriamo concorderete alla fine di questo articolo – è calzante.

Nel mondo open-source i casi eclatanti di cambio di licenza fanno molto rumore, HashiCorp con Terraform ne è un esempio lampante, ma c’è un universo composto da moltissimi medio/piccoli progetti che in questo senso non fanno eccezione.

Il dualismo tra lasciare il proprio codice open-source e cercare di portare a casa la pagnotta è materia quotidiana per chiunque si dica professionista del settore, e verrebbe da dire naturalmente, il problema è però che ad un occhio attento non può sfuggire come per molti la confusione regni sovrana.

Lo racconta Ivan Čukić, sviluppatore C++ parte del progetto KDE, portando un esempio pratico come quello di Floorp, un fork di Firefox che, per un certo periodo, si è “chiuso” in termini di codice poiché l’autore ha ritenuto che qualcuno stesse usando il suo lavoro senza riconoscergli nulla. La sequenza degli eventi riguardanti il progetto è quantomeno curiosa:

  • L’autore crea Floorp, un fork Firefox.
    • Nota importante: Firefox è distribuito con licenza MPL, questa prevede come il codice possa essere utilizzato anche in prodotti closed-source/proprietari purché il codice di partenza rimanga disponibile.
  • Qualcuno crea un fork di Floorp, non riconoscendo nulla all’autore.
  • L’autore decide di rendere temporaneamente closed-source Floorp.
  • La community si lamenta.
  • L’autore torna sui suoi passi, dicendo che c’è stato un misunderstanding.

La vicenda, che come scrivevamo ha dell’ironico (l’autore di un fork che si lamenta di un fork), in realtà è un buon pretesto per esplorare alcuni aspetti dell’open-source che il buon Ivan analizza nel suo articolo, partendo da una candida affermazione:

Making the source code of a program publicly available is not enough for something to be Open Source.

Rendere il codice sorgente di un programma pubblicamente disponibile non è abbastanza per poterlo definire open-source.

Chiaro a tutti?

Evidentemente no, poiché nel caso specifico di Floorp l’autore indica nella licenza il divieto di utilizzo e ridistribuzione del software o dei suoi derivati per qualsiasi fine commerciale. E questo è tutto tranne che open-source. Definizioni possibili suggerite da Čukić sono “source available” o “fair code“, ma non open-source.

Sebbene al momento Floorp sia nuovamente e totalmente open-source (ed ancora distribuito con licenza MPL) la storia serve per citare altri progetti con le idee piuttosto confuse in merito a cosa sia aperto e cosa no.

Viene citato ad esempio il progetto FUTO, che tra i suoi principi fondanti dichiara di avere l’open-source, ma tra le applicazioni che distribuisce ha Grayjay, che così come Floorp si preoccupa di specificare come la ridistribuzione commerciale del prodotto sia proibita, rendendolo di fatto non open-source.

Di casi simili è letteralmente pieno il web. C’è persino un repository GitHub chiamato Open Source Confusion Cases dove questi esempi sono raggruppati e, a far impressione, non sono tanto le voci presenti al momento (quattordici), ma tutte quelle in procinto di esserlo, osservabili nelle issue del progetto (trentadue).

Il che dimostra come le idee sull’open-source in generale di tutti gli operanti del settore (grandi o piccoli) siano molto confuse ed arbitrarie.

Non è stato poi minimamente toccato un altro tema che probabilmente richiederebbe una serie di articoli: open-source e Free Software sono due cose diverse, ed è una cosa che la Free Software Foundation ripete da tanto tempo, ma l’analisi di questa differenza non è materia per questo articolo.

Chiudiamo con quella che è volutamente un’iperbole.

Nessuno si deve stupire delle mosse di HashiCorp & soci, poiché è una realtà: anche i piccoli fanno lo stesso. Nel momento in cui ad essere toccato è il proprio lavoro ecco che la prospettiva cambia repentinamente.

Vale infatti la stessa regola nel quotidiano: è come scuotere la testa perché alla radio dicono che Israele e Palestina si sparano addosso e poi sfondare il clacson perché l’automobilista davanti a noi scattato il verde non parte subito.

Da sempre appassionato del mondo open-source e di Linux nel 2009 ho fondato il portale Mia Mamma Usa Linux! per condividere articoli, notizie ed in generale tutto quello che riguarda il mondo del pinguino, con particolare attenzione alle tematiche di interoperabilità, HA e cloud.
E, sì, mia mamma usa Linux dal 2009.

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