Saturday’s Talks: le riflessioni di Vittorino Andreoli, psichiatra di fama mondiale, su alcune personalità rilevanti del mondo IT

1 year ago 204

In una recentissima intervista al Corriere lo psichiatra di fama mondiale Vittorino Andreoli oltre a raccontare al giornalista i principi del suo approccio – è stato il primo a rifiutare di legare pazienti affetti da disturbi psichici – ed a dire qualcosa di sé, nel rispondere ad un paio di domande relative ai social ha fornito un’analisi chiara e schietta su alcune delle personalità che stanno definendo l’evoluzione tecnologia del nostro mondo:

I social hanno cambiato il funzionamento del cervello?
«Certo. È impossibile che uno che vive per ore della logica meccanica di Internet sappia usare la logica della mente, dei sentimenti. Ma il mondo è in mano a imbecilli da diagnosi psichiatrica».

Faccia nomi e diagnosi.
«Per non prendere querele, dico solo che uno che vuole portarci nello spazio o ibridarci col robot è un pazzo totale e incapace di affettività: un Asperger. E un altro, quello che crea mondi alternativi, è un oligofrenico: significa che ha poco cervello».

Ora, al netto di esplicitare a nostra volta i personaggi menzionati nella risposta (e che sono da sempre parte anche degli articoli del portale, poiché si muovono anche negli ambiti open-source) in modo da tutelare da querele Andreoli (come se ci fosse davvero bisogno di dire a chi si sta riferendo), la domanda che mi sono posto dopo aver letto l’articolo è essenzialmente questa: ma in che mani siamo?

Se un medico psichiatra, scrittore e neurofarmacologo, che ha fatto dell’analisi della personalità altrui la sua ragione di vita si esprime in questa inequivocabile maniera, personalmente tendo a fidarmi. E se questa analisi è fatta sulle persone che al momento, in un modo o nell’altro, stanno impattando sulla nostra evoluzione tecnologica c’è certamente di che preoccuparsi.

O meglio, c’è certamente da riflettere.

Perché se è vero che l’analisi è un filino deprimente, dall’altro lato dire “siamo in mano ai matti” è un po’ scaricare la responsabilità. Perché in fondo ci piace dire “sono loro che stanno costruendo il nostro futuro e noi non ci possiamo fare nulla“, perché per quanto sia brutto questo futuro non è responsabilità nostra.

Quindi, nuovamente, cosa sarebbe di nostra responsabilità? Noi che non spediamo razzi nello spazio, che non riusciamo a smuovere le borse con un tweet, che non spingiamo per ridefinire la realtà attraverso un paio di occhiali.

Noi, lavoratori del mondo IT, che responsabilità abbiamo?

Penso che ognuno possa dare la risposta che preferisce, ed è per quello che l’articolo rientra nella categoria Saturday’s Talks. Perciò inizio io: la nostra responsabilità è fare la differenza. In termini umani, di approccio al lavoro. L’umanità (o la sua assenza) non si dimostra solamente quando si ha il potere di licenziare quattro dipendenti su cinque e non lo si fa. L’umanità la si dimostra con l’empatia, con la condivisione, non rimanendo succubi della sindrome del Dottor Jeckyl, per cui al lavoro sono una persona ed a casa un’altra.

Del resto non lo dico solamente io, la chiusura dell’intervista ad Andreoli vale tutto il prezzo del biglietto:

Un antidoto c’è?
«L’unico sarebbe l’amore».

Da sempre appassionato del mondo open-source e di Linux nel 2009 ho fondato il portale Mia Mamma Usa Linux! per condividere articoli, notizie ed in generale tutto quello che riguarda il mondo del pinguino, con particolare attenzione alle tematiche di interoperabilità, HA e cloud.
E, sì, mia mamma usa Linux dal 2009.

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