Quello che segue è l’ultimo tweet postato da @Eng, un account che raggruppa l’engineering di X, altrimenti conosciuto come Twitter, e mostra quello che è lo stato di salute del progetto dopo che, come avevamo ampiamente riportato, era subentrata la cura (o purga) Musk:
This has been a year full of engineering excellence that sometimes can go unnoticed. Besides all the visible changes you see on our app, here are some of the most important improvements we have made under the hood.
– Consolidated the tech stacks for For you, Following, Search,…
I dati, come si può notare, se presi per quello che sono, risultano decisamente sorprendenti: l’ottimizzazione dell’utilizzo dei servizi cloud, con il passaggio in buona parte a una gestione on-premise ha portato ad una riduzione dei costi del 60%!
Lo stesso si può dire in merito alla memorizzazione dei dati che, in parte anche qui dal cloud all’on-prem ed in parte per la revisione dei processi di memorizzazione, ha fatto risparmiare il 75% dei costi. Il che a conti fatti porta ad un risparmio generale che si può stimare intorno ai 60 milioni di dollari.
Il tutto, peraltro, con personale ridotto: infatti in seguito ai licenziamenti voluti dalla nuova proprietà, il numero di persone che oggi lavora in X è un quarto, ossia 2 mila persone contro le 8 mila.
Capolavoro totale, tanto da venir celebrato niente meno che da David Heinemeier Hansson, colui che potremmo definire il profeta della cloud repatriation.
Ma come recita il titolo di questo articolo: possiamo fermarci qui nelle considerazioni? È appunto tutto oro quello che luccica?
Difficile dirlo. Principalmente perché al netto di questi numeri sul risparmio bisogna calcolare se le utenze sono rimaste le stesse. Nella fattispecie: se si guarda solo al risparmio allora bastava spegnere tutto e questo sarebbe diventato il 100% sull’anno precedente.
Ma non è chiaramente così che si fanno i conti.
I dati di accesso relativi a Twitter non risultano essere pubblici (se qualcuno li ha li condivida pure nei commenti), quindi tutti i ragionamenti rimangono fini a loro stessi senza un confronto incrociato.
In aggiunta a questo, noi di Mia Mamma Usa Linux siamo sempre interessati all’aspetto open-source delle cose, e vi ricorderete tutti l’articolo Musk, dalle parole ai fatti: l’algoritmo delle raccomandazioni di Twitter è open-source! pubblicato lo scorso aprile. In maniera piuttosto entusiastica raccontavamo di questi due repository:
- Quello relativo all’algoritmo vero e proprio: https://github.com/twitter/the-algorithm/
- Quello relativo ai modelli di machine learning ad esso associati: https://github.com/twitter/the-algorithm-ml
Bene, dalla loro pubblicazione come si sono evoluti? La risposta è: non si sono evoluti.
I file presenti all’interno di questi repository sono tutti vecchi di sette mesi, periodo in cui ne annunciammo la pubblicazione.
Questo significa che è stato tutto un bluff? Presto per dirlo, ma intanto se X sembra navigare in acque sane, lo stesso non si può dire di tutto l’apparato open-source che governava il progetto Twitter.
A meno che tutti gli aggiornamenti siano in realtà pronti per essere pushati su qualche repository Git di qualche laptop di qualche responsabile che magari nel frattempo è stato licenziato.
Chi può dirlo… Sarebbe il perfetto Mister X.
Da sempre appassionato del mondo open-source e di Linux nel 2009 ho fondato il portale Mia Mamma Usa Linux! per condividere articoli, notizie ed in generale tutto quello che riguarda il mondo del pinguino, con particolare attenzione alle tematiche di interoperabilità, HA e cloud.
E, sì, mia mamma usa Linux dal 2009.