Da oggi, giovedì 13 marzo, in Albania nessuno potrà più usare TikTok. Il social di proprietà dell'azienda cinese ByteDance è stato bannato, reso inaccessibile. Non si tratta di un fulmine a ciel sereno, il provvedimento era telefonato. Nel dicembre scorso il primo ministro albanese Edi Rama aveva annunciato l'intenzione di bloccare l'accesso al social almeno fino a tutto il 2025 dopo l'ultimo caso, drammatico, di cronaca, l'uccisione a coltellate di un 14enne per mano di un compagno di scuola.
Secondo le ricostruzioni, il delitto ha avuto origine proprio dalla piattaforma social dove sarebbero nati i primi dissapori tra i due adolescenti della capitale, Tirana. Comprensibile che a poche ore da un caso di cronaca così crudo e triste la maggior parte della gente chiedesse a gran voce la chiusura del social, meno scontato che si arrivasse per davvero al ban della piattaforma, per quanto temporaneo.
A dicembre il governo albanese disse che il blocco a TikTok sarebbe scattato nelle prime settimane del 2025, e adesso le intenzioni sono diventate fatti. Nei giorni scorsi una nota dell'Akep, l'equivalente del nostro Agcom, chiedeva ai provider di prepararsi alla fase operativa bloccando l'accesso ai server della piattaforma. Entro oggi tutti i fornitori di servizi internet devono necessariamente impedire l'accesso al social media cinese, e anche a oltre 200 domini di cui l'Akep ha fornito un elenco per impedire alla gente di aggirare il blocco e continuare a usare TikTok in barba al divieto.
Per sostenere l'intenzione di bloccare TikTok nel Paese, il premier Rama aveva messo a confronto Douyin, ossia l'alter ego cinese del social, con TikTok, rilevando che "nel TikTok cinese non si vedono teppismo, perversità, violenza, bullismo, criminalità". La discrepanza non è sorprendente, per la stretta - se non strettissima - sorveglianza sui social e in generale su tutta quanta l'informazione praticata a tappeto da Pechino. La piattaforma occidentale è più libera da prescrizioni, e per questo circolano anche contenuti violenti o in generale dannosi.
NON TIRA UNA BELLA ARIA PER IL SOCIAL
Sono decine i Paesi in cui TikTok è sottoposto a restrizioni più o meno severe. Nella maggior parte dei casi governi e autorità temono l'influenza del governo Xi sulle aziende cinesi, TikTok incluso: spaventano la sicurezza dei dati personali, raccolti anche tramite profilazione, e i movimenti dell'algoritmo. Più note sono le difficoltà, almeno a noi, nate negli USA, dove TikTok è stato inaccessibile per qualche ora prima dell'intervento diretto, a poche ore dal suo insediamento alla Casa Bianca, di Donald Trump.
Il tema TikTok negli USA è comunque caldo. Proprio nelle scorse ore il presidente americano ha dichiarato di avere quattro potenziali acquirenti della piattaforma social, senza tuttavia svelare alcun nome. Due, la metà, comunque sono noti: uno è Alexis Ohanian, co-fondatore di Reddit, l'altro è Frank McCourt, ex proprietario del team di baseball Los Angeles Dodgers.
USA a parte, di restrizioni se ne contano parecchie. La Commissione europea ha imposto già a inizio 2023 ai suoi oltre 30mila dipendenti il divieto di usare TikTok sui dispositivi usati per l'esercizio delle proprie funzioni, lo stesso ha fatto Taiwan e misure simili, per chi lavora con la macchina pubblica, sono state adottate da Canada, Lettonia, Danimarca, Belgio e Regno Unito.
Nemmeno in Australia tira una bella aria per i social, anzi. Il parlamento locale ha votato una legge - la prima al mondo - che stabilisce il divieto per tutti i ragazzi di età inferiore a 16 anni di usare i social. Tutti quanti, nessuno escluso. Ostilità anche in Venezuela, dove la Corte Suprema ha inflitto a TikTok una multa da ben 10 milioni di dollari per non aver adottato alcuna contromisura per evitare che alcune sfide spopolassero nel Paese e causassero, secondo le autorità locali, la morte di tre adolescenti per intossicazione da sostanze chimiche.