La corsa alle CPU performanti e potenti da qualche anno si gioca sul numero di core presenti in ogni singolo chip. L’architettura Zen, su cui si basano CPU come Ryzen Threadripper, ha portato un’innovazione ulteriore: più moduli di chip assemblati assieme per creare un’unica CPU (architettura definita multi-chip module).
Ogni unità prende il nome di chiplet, ovvero un chip che però non è autonomo: deve essere assemblato con altri chip per creare un unico circuito integrato funzionante.
Nel caso di AMD la scelta è stata vincente, soprattutto perché ha permesso di mischiare processi produttivi diversi per componenti diversi: il più costoso a 7 nm per i chiplet coi core di calcolo, mentre il meno costoso a 12/14 nm per quelli con il controller della memoria o il (necessario e nevralgico) controller I/O (che li mette comunicazione).
Ma non solo AMD si muove in questo campo: l’approccio è ormai comune a tutta l’industria di chip e semiconduttori. Tanto che è stata da poco annunciata la costituzione di un consorzio tra le aziende leader del settore. I nomi comprendono AMD, Intel, Qalcomm (per ARM), Google, Meta (ovvero Facebook, ricordiamolo), Google, Microsoft, Samsung e TSCM (Taiwan Semiconductor Manufacturing Company, uno dei produttori di chip più grande al mondo).
Il consorzio prende si chiama UCIe, acronimo di Universal Chiplet Interconnect Express, e si pone come obbiettivo definizione ed uso di standard aperti sulla interconnessione dei chiplet. Questo è importante perché permetterà a chiunque di creare circuiti assemblando chiplet di produttori diversi, unendo (si spera) i punti di forza di ciascuno, sicuro della loro interoperabilità. Proprio come accade per le componenti dei nostri PC.
Ma se la prospettiva di chip-Frankenstein è lontana, di sicuro i produttori potranno sfruttare lo standard per offrire una serie di prodotti personalizzati curando l’inserimento di chiplet diversi invece di dover progettare da zero una intera CPU. Per esempio, alcuni datacenter potrebbero chiedere di non avere le schede grafiche integrate sostituendole con componenti per calcolo neuronale, deep-learning o artificial intelligence. O, al contrario, chiedere una GPU integrata più performante dello standard.
Facebook non è nuova a questo tipo di approccio: vi abbiamo già raccontato di OCP (Open Compute Project), ovvero lo sforzo di Facebook per creare – e mantenere – design e realizzazione del proprio hardware, dalla CPU all’intero armadio, all’interno di una logica open-source. L’adesione a UCIe potrebbe rappresentare un’evoluzione di questo progetto, coinvolgendo man mano più aziende.
Ho coltivato la mia passione per l'informatica fin da bambino, coi primi programmi BASIC. In età adulta mi sono avvicinato a Linux ed alla programmazione C, per poi interessarmi di reti. Infine, il mio hobby è diventato anche il mio lavoro.
Per me il modo migliore di imparare è fare, e per questo devo utilizzare le tecnologie che ritengo interessanti; a questo scopo, il mondo opensource offre gli strumenti perfetti.