Caso Paragon: denuncia contro ignoti per la sorveglianza su Casarini e Cancellato

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Dopo Palermo e Napoli, anche la procura di Roma potrebbe occuparsi del caso Paragon. La Federazione nazionale della Stampa italiana (FNSI) e l’Ordine nazionale dei giornalisti hanno presentato una denuncia contro ignoti per chiedere chiarezza sulla campagna di sorveglianza che ha coinvolto giornalisti e attivisti attraverso l’uso dello spyware Graphite.

Al centro della vicenda c’è la società israeliana Paragon Solutions, accusata di aver fornito strumenti di monitoraggio a enti governativi per intercettare almeno 90 persone, tra cui il giornalista Francesco Cancellato e gli attivisti Luca Casarini e David Yambio. L’uso di questo software ha sollevato interrogativi sul ruolo delle istituzioni italiane e sulla gestione della sicurezza digitale nel Paese.

DUBBI SULLA GESTIONE DELLA VICENDA DA PARTE DEL GOVERNO

Il caso, secondo la Rete Diritti Umani Digitali, “solleva forti interrogativi sulla gestione della vicenda da parte del governo italiano”. La rete, composta da Amnesty International Italia, Hermes Center, StraLi, Period Think Tank, Privacy Network e The Good Lobby, ha chiesto maggiore trasparenza sui rapporti tra le agenzie governative italiane e Paragon Solutions, inclusi i motivi della sospensione di eventuali contratti con l’azienda israeliana.


Per questo motivo, le organizzazioni chiedono “che vengano rese pubbliche le informazioni relative al rapporto tra le agenzie governative italiane e Paragon Solutions, comprese le motivazioni che hanno portato all’interruzione di tali rapporti contrattuali” e che “il governo riferisca in merito in Parlamento, in una seduta pubblica, invece di affidare l’urgente e necessario confronto sul caso ad audizioni secretate al Copasir”.

RICHIESTO UN ENTE NON GOVERNATIVO

Ulteriori perplessità sono state espresse sulla decisione di affidare l’inchiesta all’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN), ente governativo incaricato di gestire la sicurezza informatica nel Paese. La Rete Diritti Umani Digitali ha sollevato il problema dell’indipendenza dell’indagine, affermando che “è fondamentale garantire indipendenza nei processi di verifica e affidare l’inchiesta ad un ente non governativo capace di indagare con imparzialità, rafforzando così la fiducia nell’accertamento dei fatti”.

Secondo l’organizzazione, la vicenda si inserisce in un contesto di crescente preoccupazione per l’uso degli strumenti digitali nella sorveglianza delle persone.

“Riteniamo che queste circostanze, unite ad un clima di sempre maggior attenzione all’utilizzo di strumenti digitali per la sorveglianza delle persone, rappresentino un segnale di allarme rispetto alla tutela dei diritti digitali degli utenti e al rispetto del diritto alla tutela della vita privata; principi che rappresentano un caposaldo della nostra vita democratica”

Resta ora da vedere se la procura di Roma deciderà di aprire un’inchiesta e quali saranno i prossimi sviluppi di questo caso che sta mettendo seriamente n discussione la gestione della sicurezza digitale e la tutela dei diritti fondamentali.


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