Il copione sembra ripetersi a due anni di distanza dall'inizio della pandemia. Fabbriche e aziende di Shenzhen sono costrette ad interrompere le attività a causa del lockdown disposto per contrastare la diffusione del virus. Le attività che forniscono servizi non essenziali sono state chiuse, i 17 milioni di persone residenti nell'area saranno sottoposti a test. Sabato scorso i nuovi casi di Covid-19 registrati nell'area sono stati 3.393, di cui 1.807 di trasmissione domestica. È la cifra più alta da febbraio 2020, quando la pandemia è iniziata.
Tra le fabbriche costrette a sospendere le attività a Shenzhen c'è Foxconn, leader mondiale nel mercato della produzione di elettronica di consumo nonché fornitore di aziende come Apple e Samsung. Il colosso taiwanese ha comunicato che interromperà la produzione negli stabilimenti di Longhua e Guanlan sino a nuove disposizioni. Ma Shenzhen è anche il polo tecnologico in cui hanno sede altre importanti aziende cinesi come Huawei, Oppo, TCL e Tencent, che potrebbero anch'esse risentire gli effetti negativi dello stop.
C'è da dire che la Cina, sin dall'inizio della pandemia, ha seguito un approccio molto rigoroso alla gestione dell'emergenza, disponendo lockdown anche in presenza di un numero ridotto di casi. nelle città più popolose per prevenire una diffusione su più ampia scala in tutto il Paese. Al momento non è possibile fare pronostici sull'impatto che il nuovo lockdown avrà sulla produzione di prodotti elettronici: la misura resterà in vigore almeno sino al 20 marzo, poi la situazione sarà rivalutata. L'evento certamente non aiuta un settore che già affronta la crisi dei chip, della logistica e le dinamiche innescate dal conflitto tra Russia e Ucraina.