Huawei sempre pi autonoma: ecco perch il ban stato meno efficace del previsto
01 Dicembre 2023 3
Huawei e il governo cinese giocano la stessa partita. È la partita del futuro, costellata di smartphone, certo, ma anche di automobili a guida autonoma e prodotti basati sull'intelligenza artificiale. Il ban USA ha costretto Huawei a ridimensionare pesantemente il proprio giro d'affari, i suoi smartphone sono pressoché spariti dai mercati occidentali dal 2019 a ora, ma Stati Uniti e compagnia probabilmente non credevano alla possibilità che le centinaia di persone al lavoro dietro le quinte per risalire la china, con il supporto di Xi Jinping e i suoi, potessero fare quello che poi hanno fatto.
Non avrebbe spiegazione altrimenti l'irritazione, a tratti quasi l'ira, filtrata da ambienti americani dopo la presentazione della serie Mate 60, con un chip 5G, il Kirin 9000s, che nei programmi di States e alleati Huawei non avrebbe potuto produrre. Il Kirin 9000s non può essere definito un SoC avanzato: è realizzato con processo produttivo a 7 nanometri mentre l'A17 Pro degli iPhone 15 di Apple, tra i SoC più "avanti" in circolazione, usa un processo a 3 nanometri. Ma è sufficientemente avanzato e soprattutto integra un modem 5G, tecnologia che il ban avrebbe dovuto sottrarre a Huawei.
Dietro c'è un lavoro intenso che parte da lontano, da quel 2019 in cui il ban ha colpito Huawei come un fulmine a ciel sereno. Ha cercato di ricostruirlo Bloomberg, che in un'indagine pubblicata nelle scorse ore spiega che un fondo di investimento della città di Shenzhen, dove ha sede Huawei, avrebbe dato una mano significativa all'azienda per risalire la china. Non solo, perché buona parte del lavoro sporco Huawei se l'è sobbarcato da sola. Un tempo l'azienda importava i macchinari necessari a "stampare" i chip, ma ban e divieti imposti da USA, Giappone e soprattutto Paesi Bassi, che detiene una sorta di monopolio su questo genere di prodotti, le hanno precluso questa possibilità.
HUAWEI HA QUASI RAGGIUNTO L'INDIPENDENZA DALL'ESTERO
Così Huawei, è il racconto di Bloomberg, ha assunto una serie di ex dipendenti dello specialista olandese della litografia ASML, trasferito una serie di brevetti (si parla di una dozzina) necessari per sviluppare le macchine all'azienda locale SiCarrier e alcuni ingegneri di primo piano di quest'ultima hanno lavorato in sinergia con i team di Huawei. Il risultato del lavoro di reclutamento dall'estero - dai Paesi Bassi in particolare - di figure di alto profilo e della sinergia instaurata con SiCarrier si sono condensati nel progetto Kirin 9000s, che potrebbe essere il primo di una serie di SoC 5G realizzati poi da SMIC, Semiconductor Manufacturing International Corporation, su input di Huawei.
Il gap tecnologico c'è, inutile negarlo, tra un SoC a 3 nanometri come l'A17 Pro e uno a 7 come il Kirin 9000s, specie sulla fascia alta del mercato, la differenza è importante. Huawei e i suoi pagano un gap nei confronti delle migliori produzioni al mondo che Bloomberg quantifica in cinque anni, il ban però puntava a lasciare indietro Huawei di circa otto. Senza l'aiuto occidentale sono stati realizzati sia Mate 60, Mate 60 Pro e Mate 60 Pro+, ma anche il pieghevole Mate X5 ha il Kirin 9000s, e tutti utilizzano prevalentemente componenti cinesi: i display sono di BOE, le fotocamere di Ofilm, le batterie di Sunwoda (uno dei leader mondiali).
Huawei assicura che i risultati li ha ottenuti da sola, senza aiuti da parte del governo cinese - la presunta vicinanza di Xi Jinping e i suoi nell'azienda, del resto, era tra le ragioni principali del ban dell'amministrazione americana. Ma al di là dei retroscena i fatti parlano chiari: il ban è stato meno efficace del previsto.
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