Il Dipartimento di Giustizia americano vuole che Google venda il browser Chrome

3 days ago 68

Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha deciso di chiedere al giudice Amit Mehta di imporre ad Alphabet , la società madre di Google, di cedere il suo browser Chrome. Questa decisione, che potrebbe segnare un punto di svolta storico nel controllo delle grandi aziende tecnologiche, rappresenta sicuramente il tentativo più aggressivo, da decenni, di contenere il potere di una delle aziende tecnologiche più influenti al mondo.

GOOGLE ACCUSATA DI MONOPOLIO

Questa richiesta segue il verdetto del giudice Amit Mehta, che lo scorso agosto aveva stabilito che Google ha violato la legge antitrust avendo "creato un monopolio" che le ha permesso di "consolidarsi come il più grande motore di ricerca al mondo".

Dopo mesi di indagini approfondite, infatti, il giudice aveva stabilito che il colosso tecnologico aveva sfruttato la sua posizione dominante sul mercato in maniera illegale scoraggiando i concorrenti dall'innovare e investire. Inoltre, ha accertato che, anche se gli utenti possono cambiare il motore di ricerca predefinito, lo fanno raramente essendo impostato come predefinito su moltissimi dispositivi e piattaforme.

Come conseguenza di questa sentenza, gli avvocati del Dipartimento di Giustizia avrebbero preso in considerazione due tipologie di intervento per limitare il potere di Google: "rimedi comportamentali e rimedi strutturali". I primi prevedevano misure di controllo continuo sul comportamento dell’azienda. I rimedi strutturali impongono la vendita di alcune delle sue divisioni o prodotti strategici, per "spezzare il circolo vizioso che le garantisce un vantaggio competitivo schiacciante".

Stando a quanto riportato da Bloomberg, che cita fonti a conoscenza del caso, oltre alla vendita di Chrome, un rimedio "strutturale", il Dipartimento di Giustizia proporrà anche misure volte a limitare il controllo di Google sull’intelligenza artificiale e sul sistema operativo Android. In questo caso, un rimedio "comportamentale". Tra le proposte, anche requisiti di licenza per i dati, con l’obiettivo di creare un mercato più competitivo e limitare l’influenza dominante del colosso tecnologico.

Se approvate, queste misure potrebbero ridefinire il settore delle ricerche online e il mercato in rapida crescita dell’AI. Il caso, avviato sotto l’amministrazione Trump e proseguito sotto quella di Joe Biden, evidenzia il crescente consenso bipartisan sulla necessità di arginare il potere delle Big Tech.

PERCHE' CHROME E' CRUCIALE PER GOOGLE

Possedere il browser più utilizzato al mondo rappresenta un vantaggio chiave per Google. Chrome, che detiene circa il 61% del mercato statunitense secondo StatCounter, non solo permette a Google di raccogliere dati sugli utenti, ma consente anche di promuovere in modo mirato i suoi prodotti, inclusa Gemini, la piattaforma di AI che ambisce a diventare un assistente personale universale. La cessione di Chrome colpirebbe duramente il modello di business di Google, che genera la maggior parte dei suoi ricavi dalla pubblicità basata sui dati.

Lee-Anne Mulholland, vicepresidente degli affari regolatori di Google, ha definito le azioni del Dipartimento di Giustizia una “agenda radicale” che potrebbe danneggiare consumatori, sviluppatori e la leadership tecnologica statunitense. Nonostante le critiche, la decisione del Dipartimento rappresenta un passo concreto verso il contenimento del monopolio tecnologico.

RIMEDI E PROSPETTIVE

Il giudice Amit Mehta ha stabilito un’udienza di due settimane ad aprile 2025 per valutare le modifiche che Google dovrà implementare per correggere il comportamento illegale. La sentenza definitiva è prevista entro agosto 2025. Tra le opzioni in discussione, vi è la possibilità di separare Android dai suoi altri prodotti, tra cui il motore di ricerca e il Play Store. Ciò consentirebbe una maggiore concorrenza, fornendo agli utenti alternative reali e riducendo il potere di Google sul mercato degli smartphone.

Altre proposte includono l’obbligo per Google di condividere più informazioni con gli inserzionisti e di concedere loro un maggiore controllo sulla visibilità degli annunci e l'obbligo di concedere in licenza i risultati e i dati del motore di ricerca e a dare ai siti web più opzioni per impedire che i loro contenuti vengano utilizzati dai suoi prodotti di intelligenza artificiale. Inoltre, potrebbe essere imposto un divieto sui contratti esclusivi, una pratica che ha rafforzato il dominio del gigante tecnologico.

L'ACCESSO AI DATI

Un punto centrale della discussione riguarda proorio l’accesso ai dati. I funzionari antitrust intendono proporre che Google venda i dati relativi a “clic e query” e che renda i risultati di ricerca accessibili anche a terze parti. Questo permetterebbe ai rivali e alle startup AI di migliorare rapidamente i propri prodotti, aumentando la concorrenza. Attualmente, Google vende risultati di ricerca con restrizioni, limitandone l’uso su dispositivi mobili. Un accesso più aperto potrebbe ridefinire le regole del gioco, consentendo anche a piccole aziende di competere con il colosso.

Tuttavia, l’integrazione di AI nei risultati di ricerca di Google, attraverso la funzione “AI Overviews”, ha sollevato critiche da parte degli editori online. Secondo questi ultimi, l’integrazione riduce il traffico verso i loro siti, danneggiando i ricavi pubblicitari. Molti lamentano che, pur potendo scegliere di non condividere i propri dati con Google per l’addestramento dei modelli di AI, non possono permettersi di escludersi dalla funzione “AI Overviews”, poiché questo ridurrebbe la visibilità nei risultati di ricerca, danneggiando la loro capacità di raggiungere il pubblico.

GOOGLE FARA' RICORSO

Google ha già annunciato nelle scorse settimane l’intenzione di ricorrere in appello, ma solo dopo che il giudice Mehta avrà finalizzato le sue conclusioni. Una sentenza a sfavore di Google potrebbe rappresentare un punto di svolta non solo per l'azienda, ma per l'intero settore tecnologico. Tuttavia, resta da vedere se queste azioni saranno sufficienti a contrastare il dominio di Google o se segneranno solo l’inizio di una lunga serie di battaglie per il controllo.


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