India Stack: le implicazioni geopolitiche del più grande progetto di identità biometrica al mondo

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Nell’arco di poco più di un decennio (la prima identità digitale fu creata nel 2010), l’India ha implementato un ecosistema di API (Application Programming Interface) soprannominato “India Stack”. Ecco in cosa consiste.

Seconda nazione più popolosa del pianeta, settima in ordine di estensione territoriale, l’India è uno Stato di estremi, anche in ambito digitale. Nel 2022, secondo le autorità delle telecomunicazioni appena il 59,5% della popolazione (poco più di 836 mila persone) avevano accesso a internet. Ciò nonostante, il subcontinente è il secondo Paese al Mondo per numero di connessioni alla rete dietro alla Cina (circa un milione e cinquantamila accessi) dimostrando un potenziale pressoché inespresso. A tal proposito, l’obiettivo del governo presieduto dal sempiterno Narendra Modi è quello di traghettare il Paese verso la piena maturazione tecnologica; la maggioranza delle riforme apportate dall’esecutivo di Nuova Delhi punta a trasformare la vita dei suoi concittadini in un modello digitale facilmente replicabile da altre nazioni facente parte il grande calderone dei Paesi in via di sviluppo. L’India Stack (o Aadhaar Stack), la forma forse più riuscita di Digital Public Infrastrutture (DPI), ne è l’esempio principale.

India Stack

Nell’arco di poco più di un decennio (la prima identità digitale fu creata nel 2010), l’India ha implementato un ecosistema di API (Application Programming Interface) soprannominato “India Stack”. L’obiettivo primario è quello di portare nell’era digitale più di 1,2 miliardi di persone, la maggior parte delle quali residente in aree rurali afflitte da scarsa coesione socio-economica – circa il 65% della popolazione nel 2021 secondo la Banca Mondiale. Le perle di questa collana di applicazioni sono gestite da diverse agenzie statali tra cui il Ministero delle Comunicazioni e delle Tecnologie dell’Informazione (MeITY) e la Reserve Bank indiana. Nello specifico, India Stack coinvolge una triade di elementi fondamentali, o layers: identità digitale, pagamenti cashless e data management. Tra questi, l’identità digitale, o numero Aadhaar (il corrispettivo del nostro codice fiscale), sta alla base di questa pila che negli anni si è via via arricchita di nuovi strati e sotto-strati. La gamma di servizi offerti è talmente importante che non è eufemismo affermare che India Stack costituisce oggi il più grande progetto di identità biometrica al mondo. Tra i più importanti lo sviluppo nel 2016 dell’Interfaccia Unica dei Pagamenti (UPI), un sistema di transazioni istantanee che consente il trasferimento di denaro peer-to-peer (P2P) tra conti bancari con l’aiuto di API open source. Il volume di transazioni effettuate nel 2022 sulla piattaforma supera non di poco il trilione di dollari, un terzo del PIL indiano e il 52% di tutti i pagamenti digitali. L’ultimo di questi livelli è costituito dal data management che all’interno dell’India Stack ha lo scopo di garantire una gestione dei dati a portata di tutti, attraverso applicazioni gestite dalla Reserve Bank e il MeITY.

Impatti geopolitici

La natura open source che contraddistingue l’India Stack contribuisce a rendere la piattaforma facilmente modulabile e quindi replicabile in altri contesti diversi da quello indiano. I principi che lo regolano, le tecnologie utilizzate e le sue funzionalità sono prive di proprietà intellettuale e quindi modificabili. La sua versatilità è sicuramente il motivo principale per cui il Presidente Modi sta spingendo altri Paesi in via di sviluppo ad adottare DPI fortemente improntate su India Stack e fare del subcontinente il leader digitale di quest’importante schieramento che rappresenta da un lato la stragrande maggioranza della popolazione mondiale, e, dall’altro, bacino fondamentale di risorse economiche. A gennaio, lo stesso governo indiano aveva promosso, in occasione della prima India Stack Developer Conference, la messa a disposizione gratuita della piattaforma e, in qualità di leader annuale del G20, i suoi delegati stanno facendo pressioni affinché l’offerta venga accolta dalla più estesa platea possibile. Tra i Paesi che già hanno cominciato a usufruire di questa tecnologia vi sono Sri Lanka, Marocco, Filippine, Guinea ed Etiopia. Le implicazioni geopolitiche dell’avanzata digitale promossa da Nuova Delhi sembrerebbero dunque indirizzate verso l’utilizzo del soft power digitale per proiettare potere e influenza. Agli occhi di molti, l’India Stack è un cavallo di Troia ideale e rappresenterebbe l’alternativa indiana all’impianto finanziario a trazione occidentale.

Concludendo

Da oltre un decennio l’India Stack ha permesso al subcontinente di fare enormi passi da gigante sulla via per l’innovazione e la democratizzazione dei dati; il sistema di piattaforme ha consentito a numerose start-up FinTech come neo-banche, piattaforme di gestione delle finanze personali, start-up di prestito e altro ancora, di accedere a banche dati di alta qualità senza dover sborsare enormi quantità di denaro pur mantenendo un discreto livello di sicurezza. Oggi, questo ecosistema acquista una forte connotazione geopolitica: il modello ha un forte potere attrattivo per tutte quelle realtà politiche impegnate a colmare il divario economico con i Paesi industrializzati. Il governo Modi non ha mai fatto segreto della volontà di costruire attorno alla cosiddetta via indiana la propria sfera d’influenza internazionale. La locomotiva del subcontinente viaggia lungo binari digitali.

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