Neuralink scrive il futuro: il primo dispositivo impiantato nel cervello

9 months ago 156

Neuralink, la nota startup che opera nel campo delle neuroscienze applicate fondata da Elon Musk, ha appena compiuto un passo fondamentale per la sua storia e per la medicina in generale. L'azienda ha appena impiantato con successo il suo primo dispositivo nel cervello di un paziente.

Per dare un minimo di contesto, sono diversi anni che Neuralink è impegnata nello sviluppo di un dispositivo impiantabile nel cervello di pazienti affetti da gravi patologia, con lo scopo di rendere possibile la riacquisizione di capacità comunicative, di espressione e interazione.

Alla fine dello scorso Neuralink aveva aperto le candidature per coloro che fossero interessati a testare il suo dispositivo. Chiaramente, le candidature erano aperte a persone con quadriplegia dovuta a lesione verticale del midollo spinale o SLA. Nelle ultime ore, Elon Musk ha annunciato che il primo impianto è stato eseguito con successo e che il paziente che l'ha ricevuto è in fase di recupero secondo i piani.

Il dispositivo sviluppato da Neuralink, al momento alla sua prima versione, si chiama Telepathy e sarebbe in grado di permette a persone affette da malattie neurodegenerative di acquisire nuovamente, almeno parzialmente, le funzioni di comunicazione e interazione con l'ambiente circostante.

Il concetto per cui un dispositivo riesce a fare questa meraviglia in realtà non è magia. Le malattie neurodegenerative generalmente colpiscono in misura maggiore il sistema nervoso, e in particolare tutti i suoi distretti che sono deputati alla trasmissione dei segnali elettrici che permettono al nostro cervello di comunicare ai muscoli i movimenti da fare. Questi trasmettitori sono fondamentali affinché i movimenti vengano eseguiti, ed entrano in gioco per qualsiasi cosa noi facciamo, anche per la semplice respirazione.

Telepathy si occuperebbe quindi di sostituire le parti danneggiate dalle patologie neurodegenerative, ricevendo, interpretando e trasmettendo il segnale che arriva dal nostro cervello. Proprio il cervello infatti è quello che rimane maggiormente "in vita" anche in caso di malattie neurodegenerative.

La sperimentazione è appena partita e dovrebbe durare almeno qualche anno. L'azienda non ha rivelato quanti pazienti sono stati coinvolti, ma l'obiettivo è arrivare alla certificazione da parte delle autorità sanitarie per poi commercializzarla. Sperando che un domani anche malattie devastanti sotto il profilo umano (immaginate che i pazienti affette da malattie del genere capiscono e interpretano tutto ma spesso non possono esprimersi in alcun modo), oltre che sotto quello fisico, possano essere affrontate e magari sconfitte.

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