Spyware Graphite, il Governo sospende Paragon. Renzi: ‘Il governo ha già cambiato versione’ e accusa la Polizia Penitenziaria

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Sospesa l’operatività di “Graphite” dopo le pressioni politiche e mediatiche. Il software usato anche dalla Polizia Penitenziaria? A sollevare il caso è stato il senatore Matteo Renzi, leader di Italia Viva, che ha denunciato le incongruenze nella gestione della vicenda da parte del governo.

Il caso Paragon si complica ulteriormente. Dopo giorni di polemiche e sospetti, l’intelligence italiana ha concordato con l’azienda israeliana Paragon Solutions di sospendere l’operatività dello spyware Graphite. La decisione arriva mentre il Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) e l‘Agenzia nazionale per la cybersicurezza conducono un’approfondita procedura di due diligence sul software di sorveglianza finito al centro dello scandalo.

L’attenzione si sposta ora su un aspetto ancora più delicato: Graphite potrebbe essere stato usato anche dalla Polizia Penitenziaria per attività di intercettazione. Una tesi che al momento non trova conferme ufficiali, ma che non è stata nemmeno smentita categoricamente dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap).

Renzi: “Il governo ha già cambiato versione”

A sollevare il caso è stato il senatore Matteo Renzi, leader di Italia Viva, che ha denunciato le incongruenze nella gestione della vicenda da parte del governo.

“La decisione di sospendere il trojan sembra di buon senso, ma in realtà è una clamorosa smentita di quello che l’Esecutivo aveva detto in Parlamento. Hanno già cambiato versione”, ha dichiarato l’ex premier. Renzi ha inoltre puntato il dito contro il silenzio della Polizia Penitenziaria: “Mi stupisce che ancora la Polizia Penitenziaria non abbia smentito di aver acquistato questo software: al momento hanno smentito Polizia, Carabinieri e Finanza”.

Il leader di Italia Viva ha annuciato di aver presentato un’interrogazione al Ministro della Giustizia Carlo Nordio per fare chiarezza sulla questione.

“Abbiamo depositato una interrogazione al Ministro Nordio per sapere che tipo di attività di intercettazione svolge la Polizia Penitenziaria e per escludere che proprio la Penitenziaria abbia avuto un ruolo nella vicenda del software israeliano “Paragon”, ha dichiarato Renzi in una intervista a Il Corriere della Sera. “Sono certo che Nordio smentirà sicuramente le voci che riguardano la Penitenziaria. E a quel punto finalmente il Governo ci dirà qual è il corpo di polizia che ha comprato il trojan da Israele. Magari scopriremo anche se qualche italiano si è prodigato per far acquistare questo materiale e ha ricevuto compensi per questo. Chissà. Quello che è certo è che io su questo tema non mollo. Rimanessi anche l’ultimo a fare opposizione, su questi temi non si scherza: se accettiamo che si intercetti un giornalista, dotato di uno status speciale, vi immaginate che cosa può fare uno Stato con dei singoli e privati cittadini? È in gioco la privacy, che significa libertà. E uno Stato che comprime la tua libertà senza giustificazione è uno Stato pericoloso”, ha concluso il senatore.

Spyware Paragon: le preoccupazioni dei sindacati della Penitenziaria

Dalle forze di polizia emergono anche voci di preoccupazione: “All’interno del Corpo c’è un problema di chiarezza e di trasparenza. Spero che le voci sull’utilizzo di questo spyware per le indagini da parte dei nostri agenti non siano vere, altrimenti la prima cosa che i vertici del Dap dovrebbero fare sarebbe dimettersi”, ha detto il segretario generale dell’Osapp, Leo Beneduci, sottilineando la necessità di trasparenza.

Il Copasir interroga i servizi segreti e la procura di Roma

Il caso Paragon sarà nuovamente al centro delle discussioni del Copasir. Dopo l’audizione del direttore dell’Aise (servizi segreti esterni), Giovanni Caravelli, martedì prossimo toccherà al direttore dell’Aisi (servizi segreti interni), Bruno Valensise.

Anche la Procura di Roma, con il procuratore Francesco Lo Voi, fornirà chiarimenti sul caso. L’indagine coinvolge la denuncia di Gaetano Caputi, capo di gabinetto della premier Giorgia Meloni, e potrebbe aprire nuovi scenari sulla gestione delle intercettazioni e dell’uso dello spyware in Italia.

Un intreccio con l’inchiesta su immigrazione e ONG

Il caso si intreccia, almeno in parte, con un’altra vicenda giudiziaria: l’inchiesta della Procura di Palermo che vede indagato David Yambio, attivista sudanese accusatore di Almasri e vittima dello spyware di Paragon. L’indagine riguarda il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, ma dalle prime informazioni sembra che la Procura di Palermo non avesse in dotazione lo spyware israeliano.

L’opposizione chiede trasparenza e i prossimi giorni saranno cruciali per comprendere la reale portata dello scandalo. Il rischio è che si scopra un sistema di intercettazioni illegali ben più vasto di quanto si pensasse inizialmente.

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