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Del rapporto tra cervello e tecnologia si parla sempre più spesso, da Samsung che progetta i chip del futuro basandosi proprio sul cervello umano e progetti come Neuralink che puntano a renderlo più smart con centinaia di elettrodi. Restando nel presente però, avreste mai pensato che toccare un display potesse cambiare strutturalmente il nostro cervello? È uno dei modi in cui il rapporto con la tecnologia “ci modifica” ma, per quanto inedito possa sembrare, non è una novità assoluta.
Il processo è simile a quanto avviene per chi suona gli strumenti musicali, che ha uno spazio corticale assegnato ai recettori tattili influenzato dalla frequenza di utilizzo della mano. Allo stesso modo, uno studio ha dimostrato che l’uso ripetitivo del touchscreen rimodella l’elaborazione somatosensoriale nella punta delle dita, ed è un dato che ci riguarda tutti, se si considera che l'utente medio americano tocca un display circa 2.176 volte al giorno.
Una modifica di questo tipo però potrebbe non essere permanente, visto che cambia anche in lassi di tempo brevi - si parla anche di giorni - a seconda dell’uso del dispositivo. Uno degli aspetti da indagare rimane se tale espansione corticale si verifichi a scapito di altre capacità di coordinazione motoria.
LA PLASTICIT DEL CERVELLO
Come suggerisce l’analogia con i musicisti, il discorso in realtà è più ampio perché non riguarda solo il digitale ma il rapporto dell’uomo con la tecnologia in senso lato: sono diverse le teorie che legano le nostre capacità cognitive con gli oggetti con cui interagiamo. L'essere umano - dicono gli studiosi - può essere definito un essere tecnologico proprio per questo motivo.
E così l'invenzione della ruota non ha solo cambiato il modo di trasportare le cose ma anche la nostra mente, e infatti i tassisti londinesi hanno un super ippocampo. Uno studio ha evidenziato che imparare la mappa delle 25.000 strade di Londra ha causato cambiamenti strutturali nel loro cervello e nella funzione mnestica: dopo anni di studio della topografia urbana hanno più materia grigia nella regione del cervello implicata nella navigazione spaziale e nella memoria rispetto ai non tassisti, anche se rimane da capire se dipenda dall’efficienza di apprendimento o da una predisposizione genetica.
La sostanza è che ogni volta che abbiamo a che fare con la tecnologia impariamo qualcosa, gli strumenti con cui interagiamo ci cambiano: tutto dipende dalla scelta delle cose a cui esporsi. Oggi uno degli strumenti principali con cui abbiamo a che fare è il web, e la domanda è quali siano i cambiamenti connessi.
LA QUESTIONE DEL DIGITALE
L’avvento di strumenti elettronici come smartphone, tablet e pc ha rivoluzionato le abitudini quotidiane, questo va da sé. Secondo i dati Ofcom, agenzia di comunicazione britannica, circa il 95% delle persone di età compresa tra i 16 e i 24 anni possiede uno smartphone e lo controlla in media ogni 12 minuti; il 20% degli adulti trascorre online più di 40 ore a settimana.
I media digitali sono divenuti aspetti centrali della nostra vita moderna, e stando all’Ericsson Mobility Report oggi sul pianeta ci sono più schede SIM che persone. Alla fine del 2021 le prime avevano superato la soglia di 8,2 miliardi di unità, mentre gli abitanti della Terra si attestano sui 7,9 miliardi di persone; secondo le stime si arriverà a 9,1 miliardi di sottoscrizioni mobile entro la fine del 2027.
Se ci si chiede quale sia l'impatto di questi media rispetto alle aree cerebrali coinvolte nei processi di attenzione, linguaggio e prestazioni cognitive la risposta però non sembra del tutto univoca. Da un lato varie ricerche supportano l'ipotesi che l'uso intensivo degli strumenti tecnologici sia correlato a un deficit nella memoria di lavoro, mentre altri autori dicono che i media digitali possono produrre risultati positivi o negativi sul cervello a seconda dell’uso che se ne fa.
L'EFFETTO DIPENDE DALL'ET
Pare che l’effetto sia diverso a seconda dell’età, e infatti l’OMS ha emanato linee guida rigorose sul tempo che i bambini dovrebbero trascorrere davanti a uno schermo. La base sta nella constatazione, da parte di alcuna letteratura scientifica, che un uso intensivo dei dispositivi digitali determini una riduzione della capacità della memoria di lavoro, ma anche problemi psicologici come ansia, depressione e disturbi del sonno, oltre a problemi di apprendimento e difficoltà di comprensione del testo durante la lettura sugli schermi.
Invece, la lettura di storie complesse in un libro stampato favorirebbe un miglior ricordo della storia, dei dettagli e la connessione tra gli eventi rispetto alla lettura dello stesso testo su un display, perché cambia la modalità con cui vengono effettuate associazioni di fatti con i segnali spaziali e altri segnali sensoriali, come ad esempio posizione di una pagina in un libro; pare che anche l'odore del libro contribuisca ad aumentare il ricordo.
Passando all'estremo opposto, i programmi di formazione digitale basati sul gioco potrebbero favorire la cognizione negli anziani. La formazione informatica è un possibile strumento per allenare il cervello nelle persone over 65 e i programmi di allenamento del cervello possono aiutare a promuovere un sano invecchiamento cognitivo.
APPLICAZIONI TERAPEUTICHE
I dispositivi elettronici possono essere usati anche per stimolare direttamente il cervello umano, e la ricerca sulle interfacce cervello/macchina BMI ha dimostrato che le protesi robotiche vengono incorporate nella rappresentazione somatosensoriale del cervello, quindi il nostro senso di sé può essere alterato dalle tecnologie elettroniche per incorporare dispositivi esterni.
Anche la psicoterapia può giovare del digitale e in particolare della rete, per cui alcuni studi hanno rilevato che degli interventi basati sul web possono avere la stessa efficacia antidepressiva rispetto agli incontri di persona. La tecnologia VR inoltre sta diventando uno strumento importante nella ricerca sulla salute mentale, perché può portare i pazienti in mondi virtuali immersivi e interattivi completamente controllati dal ricercatore o dal medico, altamente personalizzabili per il paziente.
LA TECNOLOGIA NON ACCADE
In conclusione, il cervello cambia a seconda di come lo facciamo lavorare: è possibile che l’uso intensivo dei media digitali cambi il cervello umano per via della sua plasticità, ma sarebbe probabilmente riduttivo relegare la definizione della complessa interazione tra uomo e macchina alla misurazione del tempo trascorso davanti allo schermo.
Come spiegano interventi recenti, oltre al tempo trascorso davanti al display conta anche che cosa si fa davanti allo schermo e che tipo di interazione cognitiva sia richiesta durante questa attività.
Di sicuro, come tutti gli strumenti tecnologici e visto che li usiamo molto, i media digitali hanno un impatto sul benessere psicologico umano e sulle prestazioni cognitive, ma la tecnologia non "accade" alle persone: gli individui possono dar forma alle esperienze che hanno con le tecnologie, quindi sarà importante per il futuro focalizzarsi su un modo attivo e cosciente di usarle per migliorare la propria vita e connettersi con gli altri.
A questo proposito, visto che molto tempo online lo si trascorre sullo smartphone, ci sono delle funzionalità che permettono di visualizzare quanto tempo si trascorre con lo schermo attivo e come. Su iPhone ad esempio è una funzione di sistema che si trova accanto alla schermata home, mentre gli smartphone Android hanno delle sezioni, anche se un po' più nascoste, dedicate al benessere digitale.
Se quello che scoprite con questi strumenti non vi entusiasma, potreste pensare di intervenire sfruttando (anche) l'aiuto della tecnologia: ci sono delle app pensate proprio per limitare l'uso dei social che impostano timer e silenziano le notifiche in dati intervalli di tempo per migliorare il livello di concentrazione evitando le distrazioni. Una di queste per esempio è Forest, che vi fa "piantare un albero" all'inizio del lavoro e dovete restare nell'app per tenerlo in vita. L'obiettivo è far crescere una foresta virtuale con i minuti passati a concentrarsi lontano dal display.
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