UE e il diritto alla riparazione: anche dopo la fine della garanzia si potrà far riparare il proprio dispositivo

6 months ago 99

Spesso, quando si rompe un componente di un dispositivo, la riparazione costa più dell'oggetto in sè, quindi la logica conseguenza è quella di abbandonare l'idea della riparazione e comprare un sostituto. Questo, però, implica una generazione di rifiuti che facciamo fatica a smaltire e che alla fine hanno un impatto ambientale importante.

Per questo motivo il Parlamento Europeo ha approvato la direttiva sul diritto alla riparazione per i consumatori, che quindi saranno incoraggiati a riparare il dispositivo non funzionante, invece di comprarne uno nuovo.

La nuova legge europea riguarda gli smartphone, i tablet, le TV, le lavatrici, gli aspirapolvere e in futuro anche altri dispositivi domestici di comune utilizzo, che sono soggetti a usura.

Nello specifico, anche dopo la fine della garanzia, i produttori saranno comunque tenuti a riparare i prodotti: i consumatori potranno scegliere tra una sostituzione con un prodotto ricondizionato e la riparazione; in quest'ultimo caso la garanzia sarà estesa per un anno.

Ovviamente, la legge ha previsto che i produttori dovranno richiedere un prezzo "ragionevole", così che i consumatori possano trovarlo conveniente per riparare il prodotto. Inoltre, i produttori dovranno fornire i pezzi di ricambio e gli strumenti idonei per le riparazioni e non potranno sfruttare clausole contrattuali o soluzioni software o hardware per complicare la vita a chi decide di riparare un dispositivo.

Infatti, le norme presenti nella direttiva puntano a creare un mercato delle riparazioni, che sarà coordinato da una piattaforma online europea, che sarà in grado di indicare i negozi di riparazione, i venditori di prodotti usati e gli acquirenti di prodotti difettosi.

Tuttavia, non sarà una legge che agirà nell'immediato: la direttiva dovrà prima passare al vaglio del Consiglio Europeo, dopodichè sarà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea e da quel giorno gli Stati membri avranno 2 anni a disposizione per recepirla e integrarla nelle norme nazionali.

In ogni caso, questa iniziativa è un primo passo verso la riduzione dei rifiuti e verso un'economia circolare, che tiene conto dell'impatto sociale e ambientale di ciò che viene prodotto.

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