Ve la ricordate iBeer? Un fenomeno da 20.000 dollari al giorno

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20.000 dollari al giorno: ecco quanto guadagnava, ai tempi della massima popolarità, iBeer, una delle prime "inutility" a diventare virale nell'epoca degli smartphone. L'ha raccontato il suo creatore, Steve Sheraton, in una recente intervista con Mel Magazine. Potete leggerla integralmente seguendo il link FONTE. Per chi non c'era: era un'app tramite cui l'utente inclinava il proprio iPhone e sembrava di star bevendo della birra.

La storia è affascinante per una serie di ragioni - prima di tutte è un chiaro esempio del bello di avere l'idea giusta al momento giusto. Sheraton, che all'epoca era un mago in difficoltà finanziarie, racconta che in realtà quell'idea ce l'aveva già avuta qualche anno prima: aveva creato E-spresso sul suo Palm Pilot, sostanzialmente un video che, se si sincronizzavano correttamente i movimenti, faceva sembrare che si stesse bevendo del caffè. L'idea non aveva preso piede, anche perché il Palm Pilot aveva un display LCD monocromatico, ma con l'uscita degli iPhone, con i loro display super colorati, Sheraton intuì che si poteva rispolverare la vecchia idea, darle una sistemata e vedere che succedeva.


All'epoca non era ancora possibile sviluppare app per gli iPhone - in effetti il termine non era ancora nemmeno stato coniato. Quindi la prima versione di iBeer consisteva, letteralmente, in un filmato che veniva venduto a 2,99 dollari a copia e che gli utenti caricavano sul loro iPhone o iPod Touch tramite iTunes. Quindi ancora niente accelerometro e funzionalità avanzate: era ancora l'utente che doveva sincronizzarsi al video, e non viceversa. Già così, comunque, Sheraton diceva di riuscire a incassare fino a 2.000 dollari al giorno, nel periodo di picco.

Con l'avvento dell'App Store, Sheraton riuscì finalmente a realizzare un'app vera e propria, che sfruttava l'accelerometro dello smartphone. Era un modo simpatico per dimostrare agli amici le potenzialità della nuova tecnologia, e sì, dopo i cinque minuti di effetto wow era completamente inutile. Ma costava talmente poco che, almeno in quell'epoca dove era tutta una novità assoluta, in molti la giudicarono una spesa giustificabile. iBeer non fu solo un successo economico, beninteso: fu citata come app essenziale da media come il New York Times, Time Magazine, Fortune e CNN.

Prevedibilmente il successo di iBeer non durò moltissimo. Iniziarono ad arrivare app clone gratuite (Sheraton denunciò addirittura il colosso della birra Coors per la sua iPint) e l'attenzione del pubblico si spostò verso software più nuovi e interessanti - iniziavano ad arrivare giochi come Fruit Ninja e Angry Birds, per dire, e tutti i social network. iBeer, che nel frattempo era arrivata anche su Android, a un certo punto diventò gratuita, e tentò la strada delle partnership con diversi marchi di birra. Poi arrivò per esempio il live wallpaper per Android. Al giorno d'oggi l'app è ancora disponibile sull'App Store, ma non è più aggiornata dal 2017, mentre è sparita completamente dal Play Store.

Sheraton racconta che all'epoca non fu particolarmente oculato con gli incredibili guadagni ottenuti dall'app. Lui e la sua società sperperarono un po', e l'alcolismo non aiutò di certo. In ultimo, Sheraton decise di allontanarsi da quella vita e dedicarsi ad attività più tranquille. Ora, a 52 anni, ha una fattoria in Spagna dove coltiva frutta con la sua famiglia e sviluppa qualche app per maghi e illusionisti. Settore decisamente molto più di nicchia, ma meno emotivamente stressante. Se la passa benone, a suo dire, ed è estremamente grato di quel guizzo che gli ha svoltato la vita.


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