Il Giappone inasprisce la galera per i cyber bulli e gli odiatori social

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Si rischierà fino a un anno di reclusione oltre a una sanzione che può arrivare a 300.000 yen, più di 2.000 euro. Il Giappone vara la linea dura contro la piaga del cyberbullismo, dopo che nel maggio del 2020 la wrestler ventiduenne Hana Kimura decise di farla finita dopo esser stata subissata di insulti e messaggi d'odio sui social. Il caso fece infiammare l'opinione pubblica per le pene inflitte ai due responsabili giudicate troppo blande, così è iniziato il percorso che ha portato al varo della nuova legge per contrastare l'odio telematico.

Fino a ieri le pene non raggiungevano i 30 giorni di galera e la multa ai 10.000 yen, poco più di 70 euro al cambio, mentre il reato finiva in prescrizione dopo un anno (adesso sono tre). Il percorso per arrivare alla stretta ratificata a metà giugno e in vigore da oggi non è stato in discesa perché i partiti all'opposizione hanno lottato temendo per la libertà di parola. Così al disegno di legge si è arrivati grazie a un compromesso: sarà sottoposto a revisione dopo tre anni dall'entrata in vigore, per determinare se si è trasformato in una limitazione ingiusta alla libertà di parola, e apportare eventualmente dei correttivi.

Secondo il Ministro della Giustizia Yoshihisa Furukawa non c'è ragione per preoccuparsi: la nuova legge fungerà da deterrente per un crimine, il cyberbullismo, che "deve essere severamente affrontato". Ma i timori per la libertà ci sono, e non arrivano solamente dai partiti all'opposizione. Poco dopo l'approvazione di giugno, l'avvocato Seiho Cho si è mostrato scettico alla CNN:

Non si può definire univocamente un insulto - ha detto. Non c'è nemmeno una linea guida che aiuti a stabilire cosa lo è e cosa no. Ad esempio, con la nuova legge, dare dell'idiota al primo ministro potrebbe pure essere considerato un insulto.

Un portavoce del ministero giapponese della Giustizia ha spiegato che per il codice penale gli insulti sono umiliazioni pubbliche della posizione sociale di qualcuno prive di riferimenti a fatti o ad azioni specifici. Se invece sono circostanziate si parla di diffamazione, punita anch'essa dalla legge. In Italia uno degli strumenti telematici con cui si cerca di arginare il fenomeno è YouPol, l'app della Polizia che accetta anche segnalazioni anonime.

Immagine in apertura da 123RF.


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