L'Unione Europea dichiara guerra al greenwashing: la rimozione della CO2 dall'atmosfera dovrà essere certificata

9 months ago 169

Ormai quasi tutte le aziende sbandierano il loro impegno verso la sostenibilità, e uno degli aspetti maggiormente pubblicizzati è la produzione di CO2, che spesso viene definita come "a computo zero", ovvero considerando i gas serra prodotti e quelli recuperati dall'atmosfera piantando, ad esempio, alberi (a proposito, date un'occhiata sulle app per controllare la qualità dell'aria nella vostra zona).

Sulla strada verso la produzione netta zero di CO2 prevista per il 2050, però, l'Unione Europea ha appena compiuto un passo significativo verso la legittimazione delle tecnologie che dichiarano di recuperare l'anidride carbonica dall'atmosfera, convenendo di istituire un processo di certificazione

L'obiettivo è chiaro: per il 2050 in Europa non si dovrà più produrre CO2, il che si può raggiungere o utilizzando tecnologie che non producono CO2 in prima battuta, o che la recuperano dall'atmosfera una volta prodotta.

Sembra semplice, ma non lo è affatto, perché a oggi le regole sono piuttosto vaghe, o non ci sono affatto, e questo consente alle aziende di inquinare, promettendo che in futuro potranno recuperare le emissioni prodotte.

Il che, se non viene mantenuto, vanifica ogni piano relativo alla CO2, in quanto allora si sarebbero potute adottare soluzioni che non producevano CO2 sin dall'inizio. 

Come dicevamo, la situazione attuale è piuttosto variegata, e ci sono esempi in cui le aziende acquistano "crediti" di compensazione del carbonio (misurati in tonnellate di CO2 prodotta) legati a progetti forestali, con l'idea che il carbonio prodotto possa essere recuperato piantando o proteggendo le piante che lo dovrebbero sequestrare dall'atmosfera.

Il risultato è che questi crediti non rappresentano una riduzione reale della CO2, il che comporta, detto banalmente, una sorta di greenwashing, ovvero trasmettere un'immagine positiva sotto il profilo ambientale ma non supportata dai fatti.

Altre aziende, invece, si sono adoperate per sequestrare attivamente la CO2 dall'atmosfera, come Climeworks, di cui avevamo già parlato qualche tempo fa. 

La società recupera CO2 dall'atmosfera e la pompa nel terreno per rimuoverla indefinitamente (in alcuni casi l'idea è anche di rivenderla come carburante per aerei), e collabora con aziende come Microsoft, Stripe e Shopify per estrarre la CO2 prodotta e far certificare il processo da un ente terzo.

Stripe, Alphabet, Meta, Shopify e McKinsey hanno infatti lanciato nel 2022 un'iniziativa chiamata Frontier, che esamina le società che rimuovono per le aziende interessate ad acquistare crediti da loro.

L'idea dell'UE è regolamentare questo processo in maniera simile, andando a valutare sia le tattiche industriali di rimozione del carbonio (come quello che fa Climeworks) che le strategie naturali come il ripristino delle foreste e di altri habitat o le pratiche agricole che consentono di trattenere più CO2:

  • Rimozione permanente del carbonio (conservazione del carbonio atmosferico o biogenico per diversi secoli)
  • Stoccaggio temporaneo di carbonio in prodotti di lunga durata (come i prodotti da costruzione a base di legno) di una durata di almeno 35 anni e che possono essere monitorati in loco durante l'intero periodo di monitoraggio
  • Stoccaggio temporaneo del carbonio dall'agricoltura del carbonio (ad esempio ripristino delle foreste e del suolo, gestione delle zone umide, prati di alghe)
  • Riduzione delle emissioni del suolo (dall'agricoltura di carbonio) che include riduzioni di carbonio e protossido di azoto dalla gestione del suolo, e quale attività deve nel complesso ridurre le emissioni di carbonio dei suoli o aumentare gli assorbimenti di carbonio nella materia biologica (esempi di attività sono la gestione delle zone umide, le pratiche di non lavorazione e colture di copertura, l'uso ridotto di fertilizzanti combinato con pratiche di gestione del suolo, ecc.)

Il quadro incorpora quindi anche le misure che la Commissione europea ha proposto nel 2022, compresi i requisiti secondo cui la rimozione del carbonio è quantificabile e a lungo termine, ma definisce che i progetti devono portare a riduzioni "ulteriori" di CO2, il che significa che il carbonio non sarebbe stato sequestrato altrimenti senza il loro intervento.

Ovviamente, i progetti devono anche evitare di avere qualsiasi altro impatto ambientale negativo, quindi il sistema di certificazione non prenderà in considerazione il cosiddetto recupero avanzato del petrolio (EOR) come una strategia di rimozione permanente del carbonio.

Per esempio, Occidental Petroleum in Texas sta sviluppando un progetto di rimozione del carbonio chiamato Petrolio a netto zero, che prevede di sparare la CO2 nel terreno per recuperare le riserve di petrolio difficili da raggiungere. Questa soluzione non sarà considerata valida dall'UE.

Non tutti però sono contenti della proposta. Le associazioni ambientaliste come Carbon Market Watch l'hanno definita subito un fallimento, dichiarando che in questo modo aziende e Paesi potrebbero contare due volte lo stoccaggio di CO2, e che il principio di integrare e non sostituire le riduzioni delle emissioni è sbagliato. 

Ricordiamo che a oggi non si è definita alcuna regola e che l'accordo deve ancora essere formalmente adottato dal Consiglio europeo e dal Parlamento europeo.

Adesso il piano verrà proposto quindi ai rappresentanti dei Paesi nelle due istituzioni e se approvato dovrà essere rivisto dai legislatori, per poi essere adottato. 

A questo punto verrà pubblicato e entrerà in vigore, ma anche allora il processo di certificazione sarà volontario per le società di rimozione del carbonio. La notizia positiva è che solo i progetti certificati conteranno per i progressi di un Paese nel raggiungimento degli obiettivi climatici dell'Unione europea.

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