Spotify non fa come Epic: ecco come ha "aggirato" le commissioni sul Play Store

10 months ago 127

Per gli sviluppatori, le commissioni sugli store sono una tassa iniqua, una situazione che ha portato ad alcune cause legate al monopolio di Google e Apple, sia per quanto riguarda i metodi di pagamento che sull'installazione delle app (sapete come installare file IPA su iPhone?). 

Epic (il creatore di Fornite) è lo sviluppatore più aggressivo in questo senso, e le sue denunce contro la casa della mela e la GrandeG hanno svelato una serie di retroscena dirompenti. L'ultimo proviene direttamente dalla causa in corso contro Google, dalla quale è emerso un sistema di "scorciatoie" che consente a Spotify di pagare meno commissioni o non pagarle affatto. 

Ma partiamo dall'inizio. Epic ha citato in giudizio Google nel 2020 dopo una lotta per le commissioni di acquisto in-app, sostenendo che il Google Play store di Android costituiva un monopolio illegale. Lo sviluppatore vuole che Google renda più facile l'utilizzo di app store di terze parti, il sideload delle app e i processi di pagamento non Google.

La casa di Mountain View infatti chiede commissioni del 15% sugli acquisti in app, e l'anno scorso ha lanciato il programma User Choice Billing, che consente agli sviluppatori di impostare un sistema di pagamento proprietario. Con questo sistema, le commissioni a Google si abbassano all'11%, ma poi il vantaggio sarebbe annullato in quanto gli sviluppatori dovrebbero gestire poi i pagamenti in maniera indipendente e quindi pagare altre commissioni.

La causa è in corso in questi giorni e un paio di settimane fa è emerso dalla testimonianza del capo delle partnership globali della casa di Mountain View, Don Harrison, che Spotify avrebbe accesso però a commissioni molto più vantaggiose, che consentirebbero al gigante dello streaming di non pagare commissioni in caso gli utenti scelgano il sistema di pagamento proprietario (esatto, 0%), e il 4% se si utilizza il sistema di pagamento di Google. 

L'accordo "su misura", secondo Harrison, sarebbe dovuto alla popolarità "senza precedenti" di Spotify, che avrebbe un ruolo significativo addirittura nell'acquisto di un telefono Android.

"Se Spotify non funziona correttamente tra i servizi Play e i servizi principali, le persone non compreranno telefoni Android"

Questa la dichiarazione del manager. Non solo, ma come parte dell'accordo entrambe le parti hanno anche concordato di impegnare 50 milioni di dollari a testa in un "fondo di successo".

A questo punto sorge una domanda: quali sono gli altri sviluppatori che hanno accesso a questo tipo di trattamento? Sappiamo come Google abbia proposto a Netflix una tariffa scontata per implementare l'acquisto in app dei propri servizi, ma anche che il gigante dello streaming abbia rifiutato, e potete abbonarvi solo dall'esterno della piattaforma. Ma gli altri? 

Per evitare la brutta figura, Google ha ovviamente cercato in tutti i modi di non divulgare l'accordo durante il processo, mentre dal canto suo Spotify ha evidentemente cercato la strada del compromesso. Dopo essersi lamentata per anni delle commissioni per gli acquisti in app e aver abbandonato di recente il sistema di fatturazione sull'App Store (che richiede il 30% di commissione), ha fondato insieme ad altri sviluppatori (tra cui Epic) la Coalition for App Fairness, un gruppo che sostiene la causa di Epic contro Apple e Google.

Evidentemente, questo accordo è risultato più conveniente per tutti, e, come ha affermato Google a The Verge, "Un piccolo numero di sviluppatori che investono più direttamente in Android e Play può avere tariffe di servizio diverse come parte di una partnership più ampia che include sostanziali investimenti finanziari e integrazioni di prodotti attraverso diversi fattori di forma", in modo da consentire di "portare più utenti su Android e Play, migliorare continuamente l'esperienza per tutti gli utenti e creare nuove opportunità per tutti gli sviluppatori". 

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